Il più grande errore che vedo, da presbite, nella scuola, credo sia il Controllo.
Non quello sui programmi, nè quello dei presidi o dei vari ministri e ministeri. Neppure quello, a volte traballante di insegnanti, professori, maestri. Tantomeno quello auspicato da alcuni, temuto da altri, sul pensiero degli allievi.
Vedo invece quale differente effetto produca nei giovani, quel malvagio ritrovato della tecnica, che consente a un presunto genitore (n.1 o n.2 poco importa) di accedere in tempo reale al registro di classe e persino a quello del professore.
Una semplice password -spesso il nome del gatto di casa - e immediatamente si penetra nella vita scolastica dei propri figli. Istantaneamente si può conoscere il ritardo in entrata, il comportamento, la distrazione, magari lo sberleffo troppo rumoroso fatto al compagno di banco, tradotti nella nota di demerito.
Ma soprattutto, l’accesso alle caselle dei voti assegnati ai compiti in classe o peggio ancora nell’ interrogazione del mattino.
Quest’ultima è la vera deriva post-umana.
Perché davvero, le insufficienze, i voti pessimi (giusti o ingiusti) del singolo studente, in passato venivano raccolti dalla comunità dei compagni di classe. Lo studente copriva con il mantello della finta spensieratezza, mimetizzava la delusione e si concedeva con una morbida omissione, quei giorni necessari a metabolizzare la frustrazione, se non addirittura a rimediare all’inciampo. Quel ritardo nelle comunicazioni era vitale nell’ ammortizzare delusioni o rimbrotti.
Oggi questo spazio di autodeterminazione e di responsabilità è stato sottratto ai nostri ragazzi, che spesso ne pagano le conseguenze. Non con un riposo senza cena. Ma con una zavorra di ansia. Che di questi tempi è già abbondante di suo.
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