Frecciarossa
Prefazione
Certe volte vorrei che le Ferrovie dello Stato,
sui loro treni, facessero mettere una presa speciale
per ogni sedile.
Ma non di quelle che già ci sono, con cui si ricaricano
i cellulari.
Proprio un punto a cui attaccare uno spinotto
con un cavo abbastanza lungo che,
se due persone lo desiderano,
colleghi le loro storie.
Così che ognuno, nel tempo di un viaggio,
possa conoscere una parte dell'altro.
Allora, certo, sarebbero viaggi bellissimi.
I
Passo primo. La curiosità.
La vanità narcisa.
Tiro fuori il mio Moleskine con la copertina nera.
La matita invece, oggi è color arancio, per puro caso,
anzi, per un fatto del tutto accidentale.
Niente prese di corrente a fianco del mio sedile
e mi vergogno, alla mia età,
di allungare le mani sotto il tavolino.
Misuro con ansia nascosta,
fingo indifferenza nei movimenti,
con la speranza che non veda
i bottoni della camicia strapazzata,
che soffrono lo strazio della mia
pancetta.
II
Passo secondo. Tutto inutile.
Penso a ogni particolare che possa svelarmi
per quello che sono,
o peggio, per quello che non sono.
Potrei raccontarle che l'ho conosciuta, Circe,
ma perché dovrebbe credere questo?
III
E se fosse una sfida?
Una gara sanguinaria.
Una lotta all'ultimo sguardo non dato.
Un gioco che ho imparato da solo,
senza nessun maestro.
Fin da piccolo, non abbassavo lo sguardo.
Semplicemente lo distoglievo.
Ecco, potrei tenere gli occhi chiusi, immobile,
a lasciarmi guardare, senza che l'altro provi remore,
e che, anzi, possa scrostare i miei strati,
senza che nessuno si accorga.
IV
Ogni volta che viaggio in treno, di sera,
guardo il riflesso delle cabine,
illuminate dalle luci al neon,
sul vetro già oscurato dal tramonto.
E quasi sempre ci vedo quella tua foto
impressa sul finestrino.
I tratti del tuo viso trasparente
che pareva perdersi fuori.
Negando a me stesso, che andasse alla ricerca di me.
Così lontano, allora.
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