(Prima pubblicazione: 22 agosto 2016)
scent of

Ho deciso di fare una deviazione. Ho deciso di seguire quel vecchio cartello arrugginito e quasi divelto. Ha insistito così tanto, in questi mesi, che alla fine ho voluto dargli retta. Ho infilato quella che un tempo è stata più di una mulattiera. E che oggi ha dimenticato cosa fosse in altri giorni. La mia macchina ci è passata a malapena, ma non ha protestato. E'abituata a percorsi scomodi, come talvolta lo sono le mie giornate. Così, dopo cinquecento metri, seicento buche e diciotto strettoie, sono sbucato dove sbucano tutte le strade testarde. In uno spiazzo di una vecchia stazione. Il suo cartello è ancora in piedi, quasi verticale. Con la scritta chiara, come se qualche signora dabbene, l'avesse ripulito proprio stamane, sapendo che avrebbe ricevuto una visita. Per questo ho voluto essere educato. Ho fermato l'auto, in modo da non dare troppo fastidio. Sono sceso e ho scattato foto, scusandomi per il troppo rumore fatto dall'otturatore della macchina fotografica dello smartphone. Un sacco di binari, per una stazione esiliata nelle campagne. Una chiesa così piccola, che al massimo ci sarà stato posto solo per un piccolo altare, un prete e un solo chierichetto. Dall'altra parte, in simmetria opposta, un rudere, di cui la cosa meglio conservata resta l'insegna fatta di cemento, sul muro di lato: "scuola elementare". E poi il caseggiato più grande. Restaurato con i mattoni rossi di prima della guerra, per nascondere l'intonaco inglese della fine dell'Ottocento. Finestre abbandonate aperte al primo piano. Niente finestre né porte, invece, sul marciapiede dei binari. Solo il segno dei varchi, ormai murati, con impietosi blocchetti di calcestruzzo. Aperture simmetriche che paiono occhi, per sempre occlusi, senza preavviso, né spiegazione. Poi, senza preavviso, né spiegazione, capisco. Senza averne voluto o richiamato la presenza. Sento il trillo di un campanello meccanico, come ancora si sente in certe scuole, quando si segna la fine della lezione, o l'inizio della ricreazione. Mi piacerebbe fosse una storia di fantasmi bambini, che non hanno mai abbandonato la scuola elementare, che sta esattamente di fronte a me. Invece è proprio il suono d'avviso di un vecchio passaggio a livello. E quello che arriva è uno dei treni che ancora riescono a fare scintille sulle rotaie a scartamento ridotto. Non mi domando neppure come abbia fatto a sapere che io fossi proprio là, proprio in quel momento e in quel luogo. Lo guardo soltanto, incantato. Come si guarda un treno che continua a passare in una stazione che esiste solo in due cartelli bianchi arrugginiti. Solo allora capisco definitivamente. Perché quella stazione, a cui hanno chiuso gli occhi, continua a vivere e vedo i muri piegarsi leggermente, a seguire la coda del treno, passato davanti a lei. Anche a occhi chiusi, sente i suoni e le vibrazioni dei binari. E aspetta pacifica, che passi un treno, che riprenda a fermarsi davanti. O qualcuno che faccia una deviazione, per non sentirsi troppo sola
Un giorno mi chiederanno di raccontarti. Di descriverti.
E io non dirò chi eri. Ma dov'eri.
Perché tu sei un Luogo.
Un Luogo dove esiste tutto ciò che altrove non c'è.
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