giovedì 30 settembre 2021

Ono Mastici (Archivio 40)

 


(Prima pubblicazione  26 giugno 2017

particelle & parole

Particelle


Una volta, un'archeologa austriaca, mi ha dato lezioni di italiano topografico. Mi ha spiegato la differenza, neppure tanto sottile, tra i due modi di indicare un luogo distante, tra due persone. Così, oggi conosco il significato di ciò che si trova "lì", come luogo più ristretto, rispetto a ciò che si trova "là", più indeterminato, quasi "intorno al lì". 
Capisco soltanto ora, l'importanza di conoscere la differenza tra quelle due particelle, capaci entrambe di muoversi come in un valzer viennese, disegnando spazi, l'una intorno all'altra. Delimitando quelle linee invisibili agli altri. Quelle linee e quegli spazi che oggi non vedo. Confuso e disorientato, incapace di ritrovarmi. Senza particelle e senza archeologa.

domenica 26 settembre 2021

Archivio 39

 

(Prima pubblicazione: 22 agosto 2016)

scent of











Ho deciso di fare una deviazione. Ho deciso di seguire quel vecchio cartello arrugginito e quasi divelto. Ha insistito così tanto, in questi mesi, che alla fine ho voluto dargli retta. Ho infilato quella che un tempo è stata più di una mulattiera. E che oggi ha dimenticato cosa fosse in altri giorni. La mia macchina ci è passata a malapena, ma non ha protestato. E'abituata a percorsi scomodi, come talvolta lo sono le mie giornate. Così, dopo cinquecento metri, seicento buche e diciotto strettoie, sono sbucato dove sbucano tutte le strade testarde. In uno spiazzo di una vecchia stazione. Il suo cartello è ancora in piedi, quasi verticale. Con la scritta chiara, come se qualche signora dabbene, l'avesse ripulito proprio stamane, sapendo che avrebbe ricevuto una visita. Per questo ho voluto essere educato. Ho fermato l'auto, in modo da non dare troppo fastidio. Sono sceso e ho scattato foto, scusandomi per il troppo rumore fatto dall'otturatore della macchina fotografica dello smartphone. Un sacco di binari, per una stazione esiliata nelle campagne. Una chiesa così piccola,  che al massimo ci sarà stato posto solo per un piccolo altare, un prete e un solo chierichetto.  Dall'altra parte, in simmetria opposta, un rudere, di cui la cosa meglio conservata resta l'insegna fatta di cemento, sul muro di lato: "scuola elementare". E poi il caseggiato più grande. Restaurato con i mattoni rossi di prima della guerra, per nascondere l'intonaco inglese della fine dell'Ottocento. Finestre abbandonate aperte al primo piano. Niente finestre né porte, invece, sul marciapiede dei binari. Solo il segno dei varchi, ormai murati, con impietosi blocchetti di calcestruzzo. Aperture simmetriche che paiono occhi, per sempre occlusi, senza preavviso, né spiegazione.  Poi, senza preavviso, né spiegazione, capisco. Senza averne voluto o richiamato la presenza. Sento il trillo di un campanello meccanico, come ancora si sente in certe scuole, quando si segna la fine della lezione, o l'inizio della ricreazione. Mi piacerebbe fosse una storia di fantasmi bambini, che non hanno mai abbandonato la scuola elementare, che sta esattamente di fronte a me. Invece è proprio il suono d'avviso di un vecchio passaggio a livello. E quello che arriva è uno dei treni che ancora riescono a fare scintille sulle rotaie a scartamento ridotto. Non mi domando neppure come abbia fatto a sapere che io fossi proprio là, proprio in quel momento e in quel luogo. Lo guardo soltanto, incantato. Come si guarda un treno che continua a passare in una stazione che esiste solo in due cartelli bianchi arrugginiti. Solo allora capisco definitivamente. Perché quella stazione, a cui hanno chiuso gli occhi, continua a vivere e vedo i muri piegarsi leggermente, a seguire la coda del treno, passato davanti a lei. Anche a occhi chiusi, sente i suoni e le vibrazioni dei binari. E aspetta pacifica, che passi un treno, che riprenda a fermarsi davanti. O qualcuno che faccia una deviazione, per non sentirsi troppo sola








Un giorno mi chiederanno di raccontarti. Di descriverti. 
E io non dirò chi eri. Ma dov'eri. 
Perché tu sei un Luogo. 
Un Luogo dove esiste tutto ciò che altrove non c'è.

Archivio 38

 


(Prima pubblicazione: 10 agosto 2014)

seconda stella














Statale uno.
Ciao. Mi chiamo Carlo. Sono il fratello del Re.  Mi è stato fatto dono di un piccolo regno,  su un'isola a forma di uomo, ma senza braccia né gambe. La testa ce l'avrebbe, ma se l'hanno presa i francesi.  Anche il mio feudo è particolare. Largo venti metri, lungo duecentoventi chilometri. E siccome per uno di sangue reale, non è decoroso fare l'agricoltore, ci ho messo sopra della ghiaia, come la chiamano in Piemonte. Così, ogni giorno, un sacco di amici passano a trovarmi.
E io sono Felice.


venerdì 24 settembre 2021

Archivio 37


(Estratto da "Calendario del vento" - Prima pubblicazione  27 novembre 2016)


VE

Che lo vogliate o no, il venerdì è un giorno particolare. 
Scelgo con cura le parole. Ne misuro la lunghezza. Ne stimo la trasparenza e il colore, come si fa con i diamanti. Ne sento il peso, tenendole in mano. Perché non siano mai troppo pesanti. Né troppo poco. Perché, poggiate sul letto,  sprofondino leggermente, lasciando il loro segno incavato. Con la forma del desiderio.

















Archivio 36

 

(Prima pubblicazione 25 settembre 2017)

(Titolo originale "Archivio fotografico 2" - Estratto)


Spezzo i ricordi come fossero legnetti ancora umidi, per alimentare quel misero fuoco. Perchè possano vederlo i tuoi marinai, così che corrano ad avvisarti della mia esistenza. 








giovedì 23 settembre 2021

Archivio 35

 

(Prima pubblicazione  13 settembre 2014

compro una vocale

 

 









L'errore degli ansiosi. Considerare qualunque cosa, anche la più insignificante, come assoluta e definitiva. Capace di modificare gli equilibri dell'universo. Vi sembro esagerato?  Bene, siete sulla buona strada. Riportate ogni problema, alla giusta misura.


A
Cambiate, ogni tanto. Il mondo è pieno di piccoli baretti. Le strade hanno così tante piccole deviazioni.


E
- "I vostri amori dove sono andati?"
- "Dai, vieni. Ti porto da un mio amico. Vende tutti i sentimenti. A prezzi da ingrosso."
(parole e musica: Cellamare, Bricoman)


 I
Ho voglia di parlare, non di scrivere. Compro una vocale.


O
La Settimana Enigmistica.
Vedo quel grande quadro, con gli angeli di Bouguereau. E capisco. Come gli indiani Apaches, come i Tupamaros del Sudamerica, hai disseminato i tuoi luoghi, segnando i sentieri che portavano a te.
(Questa è per voi, se vi piacciono i crittogrammi. Altrimenti, tirate i dadi e saltate un turno.)


U
Il tempo in cui anche l'amore  è globalizzato. Te ne accorgi quando ascolti una canzone, che parla di quante interurbane si fanno tra innamorati. Una canzone improvvisamente vecchia. Una parola difficile da spiegare a un ragazzo di oggi. Oggi che puoi essere dovunque. E puoi parlare o scriverti allo stesso modo.  Che tu sia all'altro capo del mondo o nel baretto all'angolo. I chilometri non contano. Se non devi baciare nessuno.
(Ricordatevi di trovare un buon motivo  per baciare qualcuno.)