mercoledì 27 maggio 2020

tempi





Umidi

È una fortuna che io abbia il raffreddore, in questi giorni. Il naso mi cola un po', giusto quel tanto che basta per farmi "tirare su" come da bambini. 
Gli occhi bruciano e lacrimano. Così posso dire che sono umidi per il virus. Negando che lo siano per le storie che leggo. Per nonni uccisi, per bambini tristi, per donne e uomini stanchi. 
Per quella sofferenze che pare carezzarci tutti.



Quarto venerdì di quar(ant)esima

Ricordo le tue parole. Quando dicevi che il grigio fosse il colore più generoso, capace di fare risaltare e rendere più vivido qualunque altro. Eppure stamane nulla appare vivo. Neppure mi consola quel grigio delle nuvole, che sembrano giaciglio morbido, rovesciato sopra le nostre teste. Come se chiamasse tutti a un riposo che non ha risveglio.
Trafiggete il colore e la malinconia di un nuovo giorno che inizia. Trascrivete i vostri pensieri, come monaci medioevali, prima che siano rovinati a tal punto da non poter essere più letti. Fateli leggere a chi vi sta vicino. Perché mai vadano persi. Siate ciechi come certi Poeti dell'antichità, per non vedere quel grigio incombente, mentre ascoltate la voce del Mondo che si racconta a voi.





L(')ama

Il freddo rigido del metallo 
che tocca il calore molle 
della carne,
tramutando il liquido tiepido 
del sangue  
nel vapore rovente 
della passione.




Confinamento

La unità di misura del Tempo. Da quando non vi chiedete perché non siete diventati astronauti. Del perché non vedete da vicino le stelle attraverso un oblò, invece di guardare il bucato del vicino steso davanti a voi, da una finestra squadrata sbilenca e scrostata. Senza neppure una bandiera incollata al vostro scafandro quotidiano.



venerdì 8 maggio 2020

narcos

Narcos.
(Ovvero: la filosofia del tempo di Netflix) 

Costretto dalla quarantena a vedere in sottofondo, le puntate macilente delle produzioni di serie B. 
Mi viene in mente la mia passione per Karel Zeman. Il fascino di un mondo fatto di meraviglie della tecnica ancora oggi non raggiunte, tutte immancabilmente prodotte da bielle, pistoni, stantuffi. Macchine stupefacenti, ma fatte funzionare dal carbon fossile e vapore, con tanto fumo nero. 
Ho pensato a quella voluta geniale coincidenza tra futuro remoto e protoenergia.  Per questo  ho immaginato che storia umana ed evoluzione tecnologica, dalle nostre parti, hanno camminato spedite in una direzione concorde. 
Ma in alcuni luoghi non è stato così. La nostra fortunata coincidenza, per alcuni popoli non si è realizzata. Anziché scorrere rapide e simultanee verso la meta del futuro, le due linee a un certo punto si sono allontanate. Ma non si sono distanziate: semplicemente mentre la linea velocissima della tecnologia ha tirato dritto, per la strada segnata, quella dell'Umanitá  ha rallentato, pure senza fermarsi. 
Così esistono nazioni che si trovano ad avere la tecnologia del ventunesimo secolo, mentre i loro popoli vivono ancora nel loro medioevo. Fatto di normalità violenta e sanguinaria, che neppure sussulta di fronte al quotidiano sanguinolento. Convivemza civile tra macchine pulsanti d'olio lubrificante  ed esseri senza cuore, con il sangue raffermo.
Come dicono gli indipendentisti: “Sardegna no est Italia”. 
Ma per fortuna non è neppure Colombia.