lunedì 2 settembre 2019
ti sembra sano?
Lui era tutto in quella frase.
Strascicata, bofonchiata, biascicata come quando si passa il cibo da una parte all'altra della bocca.
Eppure chiarissima nel suo universale significato.
Talvolta era semplice sberleffo, equivalente di un normalissimo "come ti va?".
Altre volte un segno, viceversa, di apprezzamento dell'umano carattere per chi gli stava di fronte o seduto sul gradino rovente, lungo la provinciale che collegava la sua casa alla falegnameria di famiglia.
Dicono che la nostra capacità di capire un discorso risenta della mimica facciale. In particolare, pare che strizzando gli occhi si riesca a migliorare la comprensione di quello che ci appare o ci viene detto.
Sicuramente, in alcune occasioni, senza socchiudere le palpebre, si capiva perfettamente quanto quella sua frase corrispondesse allo stato intellettivo del suo interlocutore. Aderente come un vestito su misura fatto a Orani.
Nessuno veniva tralasciato.
Non trascurava nessuno, mentre passava frettoloso per una delle tante commissioni urgenti, che parevano riempire le sue giornate, lunghe o corte che fossero.
Indifferente alle stagioni asciutte o umidicce del paese concavo.
Come certe domeniche lo vedevo nel servire messa; unico chierico disinteressato alla raccolta punti del pallone, inventata dal parroco per fidelizzare i ragazzini. Sempre presente quando d'estate quelli più grandicelli preferivano andare al mare della Caletta.
Dicono che viviamo in un piccolo villaggio. Ma io, che mi tengo in disparte, ogni tanto mi trovo talmente distante da arrivare troppo tardi. Anche se provo a mitigare e lenire quel languore con qualche parola troppo morbida, come la frutta trascurata nei cestini sotto le finestre d'estate.
Però, guardando la sua foto, non potevo non ricordarlo con quella sua frase, con cui sono cresciuto. Come la sua mano ruvida e sincera con cui mi salutava quando per qualche raro caso, lo incrociavo, passando per il paese.
Lui era tutto in quella frase: "Ma...ti sembra sano, questo qua?"
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