In questi giorni ho imparato altri segreti della scrittura. Ho messo altri utensili nella cassetta degli attrezzi delle parole. Ma l'emozione nascosta sotto il bavero non si mostra.
Capisco quanto grande possa essere il vuoto lasciato da ciò che è piccolo. Quanta meraviglia possa contenere l'essere normale. Quante lettere che vorrei farti ricucire o pieghettare, come si fa nel richiudere l'involto del ripieno della pasta fresca, con le mani tiepide. Come possa essere brulicante l'immagine sbagliata di una storia che non viene raccontata. Di un clic che spegne e lascia al buio. Moscacieca dei sentimenti.
Esercizio 1
Il caffè bevuto in un angolo di porticato, di questo paese dove spesso i telefoni non ricevono. La pausa che diventa un piccolo convivio, dove si parla di luoghi e logos. Dove alle sedie di ferro troppo sottile, si preferiscono panche in pietra che iniziano a essere meno ruvide, lisate dallo strusciare dei pantaloni di tela dei turisti. Uno spigolo d'aria dove lo studente apre a ventaglio le sue carte del futuro e confessa che ancora non sa quale figura sarà estratta dal mazzo.
Poi la compagnia telefonica decide per te. Ti costringe a raggiungere l'antico piazzale delle armi, perchè tu possa trovare un bellissimo cappello di paglia e sotto il sole che non ti aspetti a settembre, quei fiori spavaldi che raccontano di vacanze da fotografare e mi ricordano di quando i telefoni potevano ritrarre solo i piedi.
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