mercoledì 20 gennaio 2016

oroscopo cinese







Mi sono fermato davanti alla bancarella di un filippino. Vendeva ogni genere di gadget iper tecnologico. Mi ha attratto una sorta di manopolone gigante. Come un grosso contaminuti da cucina,  ma invece dei numeri da zero a sessanta,   portava impressa una serie di tacchette a cui corrispondevano i disegni di strani animali.
"Sono i segni degli anni del calendario cinese", mi ha anticipato il proprietario dell'attività commerciale itinerante. 
Io ho fatto una faccia sul perplesso andante e ho chiesto cosa se ne facesse dei segni del calendario cinese, per cuocere un uovo alla coque o per gli spaghettini.
Quello ha mutato espressione, come fosse uno dei leggendari custodi del segreto della mummia, per trasformarlo, un istante dopo, in uno smunto sorriso di compatimento. Eppure doveva avere simpatia per me. Oppure, per qualche oscuro motivo, mi ritenne un predestinato. Perché iniziò a raccontarmi in modo sommesso, che in realtà, quell'oggetto che inspiegabilmente per gli altri, mi aveva attratto, era l'ultima rimasta, delle macchine immaginifiche del potente Xhiao Ping Teng.  Portandolo con me, ogni volta che avessi ruotato per un giro intero, la parte sferica superiore, portando la piccola tacca bianca, in corrispondenza di uno dei segni dorati, mi sarei ritrovato nello stesso giorno, alla medesima ora, ma nell'anno indicato dal simbolo. Avrei potuto essere in luoghi al di fuori da ogni immaginazione. A distanza di pochi anni o molti secoli. Senza limiti.   Capii in un attimo, che il Fato aveva messo davanti a me un'occasione riservata a pochi eletti, nella storia di questo nostro mondo. 
"Come posso averlo?". Il filippino con uno sguardo divenuto ossequioso, allungo' verso di me, le sue mani, che tenevano devote, quell'oggetto unico. E mentre lo porgeva,  portava il capo verso il basso, con un gesto quasi sacrale. Io mi ritrovai a pochi millimetri da quella superficie convessa rossa e lucida. Mentre sentii distintamente la voce, indirizzata a me.
"Sono dieci euri".
Come, dieci euro? Non puoi impedirmi di ricevere questo talismano. Sono io l'eletto. 
"Sono dieci euri", ripeté ancora una volta, senza muovere il viso ancora rivolto verso le mie scarpe.  Non ti pare di essere esoso?  Ti posso dare cinque euro. Ho una banconota da cinque euro e non voglio resto.
"Sono dieci euri", fu la magica preghiera con cui mi rispose, con le braccia ancora tese verso di me.
Dieci euro per un passaggio verso l'eternità. Non riuscivo a crederci. Ma era una questione di principio. 
Al massimo potevo aggiungere la moneta che tenevo per il carrello del Conad. Sei euro. 
"Sono dieci euri". 
Così, io sono ancora qui. E quando passo davanti ai filippini che vendono le cover per cellulari, penso sempre che, forse, non ho capito l'importanza di ciò che mi è accaduto. Che forse avrei dovuto offrire almeno sette euri.