martedì 24 marzo 2015

parole & cervelli





 
Mi hanno chiesto se mi innamoro facilmente delle persone. No. Mi innamoro facilmente del loro cervello.
 
 
Custodisco tutte le parole bellissime che mi hai dato. Come faceva mia nonna, che conservava le sue medicine, dentro una scatola di latta, del lievito Bertolini. E come lei, quando sto male, apro la scatola e verso la giusta quantità di gocce, per lenire il dolore. Se fai attenzione, puoi sentire il suono delle parole che cadono nel bicchiere. Una ad una.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non vale. Tu porti gli occhiali. E così puoi vedere ogni mia piccola ruga. Ogni imperfezione. Qualunque mio movimento,  impercettibile agli altri. Poi mi correggi. "Non sono gli occhiali", dici.  Si chiama "anima".
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dicono che la nostra vita è ciò che non abbiamo fatto. Io non so se ho fatto bene o male. Anzi, non so neppure se ho fatto.
 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
Forse anche allora, era il giorno dell'equinozio di primavera. Forse anche allora il giornalista era lo stesso. Quel giornalista che, sul telegiornale della Sardegna, chiese alla vecchietta di Bosa, con il soffitto della casa popolare degradato dalle infiltrazioni, cosa facesse quando pioveva.
Di sicuro, oggi che è il giorno dell'equinozio, al tigì fanno un bellissimo servizio sulla giornata del Fondo Italiano dell'Ambiente. Uno dei luoghi che si possono visitare oggi, come nel resto d'Italia, è il vecchio e ormai chiuso, carcere della città di Tempio Pausania. Devo essere sincero: non ci vedo un granchè d'interessante. Neppure quando si vede una targa all'ingresso di una stanza: "sala fitness". Però i ragazzini delle scuole e gli altri visitatori sono entusiasti, quando rispondono alle domande dell'intervistatore. Specie quando si chiede a cosa vorrebbero fosse destinata, in futuro, quella struttura. Ognuno esprime il suo desiderio. Centro creativo o ricreativo, museo, cultura, eccetera....
Ma, soprattutto, come dice una signora simil-bionda, "l'importante è avere una struttura di cui poter usufruire, a cui si possa accedere, in cui si possa entrare facilmente". Ma questo, signora, già c'era. Il problema del carcere di Tempio Pausania, non era entrarci. Quello era facile anche prima. Il difficile, era uscirne.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Io vorrei che l'assessore regionale ai trasporti, fosse come Piero Angela.  Come lo vedevo da ragazzino in tv. L'altro giorno raccontavo di come ricordassi perfettamente le serate in cui lui parlava del mondo futuro e dei telefoni che avremmo potuto usare fuori casa. Ma non di quegli apparecchi a forma di cornetto, elegantemente posati sul tavolino a bordo piscina, dei telefilm americani. No. Lui raccontava cose impossibili. Parlava di persone che avrebbero potuto conversare con i loro parenti o colleghi, mentre si spostavano!  E nel disegno animato, si vedevano tanti tralicci in fila, che passavano un segnale radio, dall'uno all'altro, facendo in modo che la telefonata non si interrompesse. E questi tralicci si sarebbero chiamati "celle".
Oppure, descriveva città fantastiche, in cui gli abitanti venivano guidati da schermi che li avvisavano delle condizioni meteo, del bus in arrivo, degli ingorghi stradali, dei negozi aperti, di eventuali guasti agli impianti, o persino di pericoli. Città in cui la metropolitana, la rete elettrica, l'acquedotto, sarebbero stati controllati, non dall'uomo, ma dalle macchine.
Ecco. Io spero che l'assessore  regionale ai trasporti, sia proprio come Piero Angela. Spero proprio che un giorno, ciò che lui racconta oggi  sul giornale, possa diventare realtà.
Cosi che io, un giorno, possa ricordare di quando per la prima volta, qualcuno disse che si poteva andare in treno, da Cagliari a Sassari,  in due ore.
 
 
 
Qualche giorno fa, raccontavo a una persona, di un mio professore.  Lui diceva che la consistenza così "molliccia" del cervello, quasi semiliquida, era concepita perchè i nostri sogni, vi si poggiassero comodi....
 
 
 
Poi, per esempio, ci sono quelli malinconici:
1) Non mi manca lei. È peggio. Mi manca quella che era lei.
2) Resisto. Non perché penso al passato. Ma perché non smetto di sognare.
 
 
 
 
Non ti guardo negli occhi. Perché non ho segnato la strada che ho fatto per trovarli. E non saprei tornare indietro.

 
 
 

martedì 3 marzo 2015

dalla lettera






















"Caro Gianrico, stiamo abbastanza bene.  A volte ci sentiamo come una confraternita. Ci aiutiamo vicendevolmente, nei momenti di difficoltà. Forse lo facciamo per colmare un vuoto. Un vuoto freddo, fatto di indifferenza, di distacco, talvolta di poca considerazione."

"Mia cara Giacomina. No. Non vedo freddo. Non vedo indifferenza. Non vedo distacco. Non vedo neppure "poca considerazione".
Penso invece, che dovete riuscire a guardare meglio.  A vedere bene, attraverso i vetri appannati dal freddo che vi circonda.
Penso che non avete un vuoto da colmare. Avete invece, un sacco pieno di buon grano. E mentre voi state a cavallo, con le vostre bisacce piene di buon seme, chi sta schiacciato per terra, dalla propria miseria, vede quei semi cadere da qualche strappo della tela.
È davvero diverso,  quello che accade. In realtà è la percezione, a volte inconsapevole, di questi esseri, della propria irrimediabile miseria. Loro urlano da sotto, minacciano, aggrediscono la vostra cavalcatura, azzannandovi talvolta alle caviglie, nel tentativo di farvi cadere.  Eppure, se ci pensi, tutto continua, irrimediabilmente, a dimostrare quanto essi siano lombrichi, su questa terra fertile.
Lombrichi.
Utili.
A fare humus.
Per le nostre coltivazioni dei semi che possediamo.




"Dite che vi manca.  Come può mancarvi, qualcosa che non esiste?"