sabato 21 dicembre 2013

medici e meccanici

Vi capita di sentirvi soli? Ne ho paura.
Il mio meccanico è stato di parola. Con la valvola nuova, la mia auto sfreccia via sulla statale. All'inseguimento di niente. Come un gattino nero che gioca con l'aria, cercando un piccolo topino che non c'è.
Ora sono qui. Bloccato. Immobile.  Motore acceso. Cuore fermo. In una foto aperta,  come uno sportello grigio.
Diceva così, quel vecchio medico di pianura. "Forse non è iniziato tutto qui. Ma da qui il vento ha iniziato a soffiare. Da questo luogo ne ho sentito il suono. Come da bambini, quando si soffia con le labbra strette a cerchio, dentro la bottiglia.
Sono arrivato. Sono esattamente la', dove neppure un passo è concesso. Dove Icaro ha visto sciogliere le sue ali, fatte con la cera. Ma io non cado. Rimango sospeso. Come un sospiro trattenuto. Un respiro tolto. Un fiato mozzato.  Come un bacio mai dato".
E' vero:  medici e meccanici, non curano solo le malattie e le auto.
 
 
 
 

(Faccio scorrere il tempo. Così poi posso dire che è troppo tardi.)

mercoledì 18 dicembre 2013

all'insù






Tirate il vostro naso all'insu'.  
Non abbiate paura  che il vostro collo si possa spezzare.  
Né che la vostra testa si possa staccare dal resto del corpo.  
Non  succederà, statene certi.   
E seppure dovesse accadere,  ne sarà valsa la pena.  
Per poter guardare un cielo stellato così bello.  
Come brillantini sul tessuto ai vostri piedi.



martedì 17 dicembre 2013

ultimo ricordo



Ogni tanto, mi viene in mente il racconto di Walter Veltroni, sui film di Maciste, che guardava da ragazzino, nel salone parrocchiale del quartiere. E di come l'eroe forzuto, sollevava massi e macigni, sempre più grandi e impressionanti per dimensione. Fino al momento in cui, le dimensioni e l'ipotetico peso, risultavano palesemente fuori proporzione, rispetto al pur muscoloso Maciste. Talmente spropositate, da fare ululare la platea, irridendo l'inverosimile impresa. Era a quel punto, che dalla prima fila, si alzava in piedi Erminio, il macellaio, grande e grosso come un armadio a doppia anta. Girandosi verso i giovani,  li apostrofava con un definitivo e incontestabile "...sse pò ffà, ...sse pò ffà!".
Erminio, mi ha sempre fatto pensare a Gianuario, il macellaio che stava dietro casa. Anche lui massiccio, grande e grosso. Un bonario incrocio tra l'Uomo di Pietra della Storia Infinita e il Maciste dei film della Titanus. Geneticamente predisposto alla battuta fulminante, come pure alla beffarda millanteria o alla gioiosa presa in giro. Come la volta che, nella bottega delle carni, entrò, quasi intimidito, uno dei primi immigrati marocchini, giunto da poche settimane in paese. Gianuario metteva a proprio agio chiunque. E lo fece anche quella volta.  Parlando del più e del meno, come sempre.  Fino a che, non propose al cliente nordafricano, di acquistare oltre al resto, anche qualche buona braciola. Di maiale. Ma naturalmente, rendendosi conto della gaffe madornale, recuperò terreno, chiedendo con grande interesse, maggiori particolari sui precetti religiosi islamici, in materia di cibo. La conclusione concorde, fu che non c'erano particolari restrizioni alimentari. Consumavano ogni tipo di alimento, tranne il maiale. Fu a quel punto che Gianuario arrivò alla sintesi del ragionamento. Non c'era diversità tra quel popolo che arrivava sull'isola, e la gente di Sardegna. Accompagnato dal sorriso del marocchino, che si sentiva finalmente integrato nella comunità, concluse il sillogismo: "Siamo uguali. Siete come noi. E' la stessa cosa in Sardegna: anche noi mangiamo qualunque cosa. Anche noi mangiamo tutto, tranne le pietre". "E' proprio così. Stessa cosa come in Marok!".


(Il cliente ha sempre ragione)





sabato 14 dicembre 2013

santa k.



Sui telefonini, tutto diventa leggero, quasi frivolo.  Persino una filosofica discussione sull'esistenza di Babbo Natale. Messaggio dopo messaggio, si arriva alla domanda universale: esiste un momento in cui si svela il Mistero Natalizio? E' possibile riconoscere l'istante in cui, un animo bambino, viene atrocemente illuminato, dalla scoperta del grande complotto? Davvero Babbo Natale - Santa Klaus, non è altro che un bottiglione di Coca-Cola camuffato?
No. Non credo che esista  il giorno o l'età precisa, in cui si svela il Mistero Natalizio.
Credo che l'inesistenza di Babbo Natale, non si sveli. Ma si dipani come una matassa. Difficile dire se conti di più  il giorno in cui hai iniziato a dipanare, o quando il gomitolo finisce, lasciandoti l'ultimo pezzo di spago che ti sfugge via dalle dita. 
Anzi, sono convinto che la cosa migliore, sia riacciuffare quell'ultimo pezzo e riaggomitolare la matassa. Dopodichè, potrete riporla  in un cassetto. Avendo cura di evitare il ripiano dove custodite i sogni. Quelli sono un'altra cosa.



venerdì 13 dicembre 2013

treni rari

 
 
Quando ci si ritrova dopo tempo, in qualunque modo accada, si sente il bisogno di sapere cosa è accaduto nel frattempo. Io, per esempio, cerco sempre di suscitare meraviglia, raccontando dei chilometri che percorro. Talvolta, mi chiedono  del perchè io non preferisca viaggiare in treno. A quel punto, con molta calma, spiego che in Sardegna, i treni sono un'entità quasi astratta. I treni sono passaggi a livello,  stazioni abbandonate, bretelle mai realizzate, produttori di scintille incendiarie. O tutt'al più, osservatori astronomici. Infatti sono talmente rare le "corse", che li potremmo usare come le pietre di Stonehenge: per segnare i giorni. Uno all'alba e uno al tramonto.
 
 
(alle bibliotecarie di Genova, che mi hanno dato lo spunto)
 
 

ginger

 
 
 
 
Bobo e Tanya, erano matricole universitarie. Di quelle matricole come non ne vedi più. Sorridenti e felici. Consapevoli della fortuna di essere studenti universitari. Ho iniziato a frequentare le feste studentesche, solo quando ho conosciuto loro. Mi piaceva trovarmeli in quei ritrovi clandestini, che erano gli appartamenti dei "fuori sede", dopo le dieci di sera.  "Fuori sede" era la denominazione degli studenti che, non abitando in città, si trasferivano nella sede universitaria.  Li definivano cosi, come oggi chiamano "extracomunitari", tutti quelli che arrivano a cercare un tozzo di pane per lavoro. Noi cercavamo un tozzo di titolo di studio.  Bobo e Tanya, erano uno spettacolo da vedere e da sentire. Ti facevano pensare che valeva la pena vivere, in questo mondo, se esistevano abitanti come loro. Riuscivano a fare scivolare via, intere nottate, senza il benchè minimo senso di colpa, per i capitoli non studiati.  Nè, tantomeno, per il collega di studio che, il mattino seguente, sarebbe arrivato, puntualmente, alle otto.
Partecipavano a ogni necessità o bisogno. Che fosse un invito a pranzo imprevisto, causa sciopero mensa universitaria, o una crisi coniugale tra fidanzati. Tanya, aveva sempre un modo di ascoltare e spiegare. Senza supponenza, nè spocchia. Neppure quando raccontava di esuli e profughi. Di terremotati e di sfollati. Di distruzioni e ricostruzioni. Di case e famiglie da rimettere in piedi. Tenendo per sè ogni sconfitta. Ogni delusione.
L'università è un villaggio temporaneo, di nomadi che arrivano e ripartono. Noi, come tutti, siamo arrivati e ripartiti.
E' cosi, che ho rivisto Tanya. In un'altra stazione. Dicono sempre che il viso di chi è disteso, in quel giaciglio di legno, sia sereno, perchè ogni sofferenza è cessata. Lei, invece aveva un viso sofferente, come se neppure quello stato, le avesse placato un dolore tanto profondo. O forse, mi sbaglio. Il dolore era proprio in quel distacco. Nel dover lasciare il lavoro incompiuto. Come non avermi insegnato a non piangere per lei.
 
 
 
(cesare cremonini, la nuova stella di broadway)

mercoledì 11 dicembre 2013

stasera è così









Anche il distributore di Losa, visto con gli occhi giusti,  può sembrare affascinante.






Ecco. Stasera è così.
Progettare. Fare. Lottare.
Stasera non hanno cittadinanza
nei miei pensieri.
Ecco. Stasera è così.


(Ho iniziato  a scrivere. Uno sul Nero. Uno su Elvis. Eppure non riesco a terminarli.)



Però, come faccio ogni tanto, vi lascio qualche riga importante; questa è di Albert Einstein.

"Io non pretendo di sapere cosa sia l’amore per tutti, ma posso dirvi che cosa è per me: l’amore è sapere tutto su qualcuno, e avere la voglia di essere ancora con lui più che con ogni altra persona. L’amore è la fiducia di dirgli tutto su voi stessi, compreso le cose che ci potrebbero far vergognare. L’amore è sentirsi a proprio agio e al sicuro con qualcuno, ma ancor di più è sentirti cedere le gambe quando quel qualcuno entra in una stanza e ti sorride...".

venerdì 6 dicembre 2013

occhi chiusi






Mi chiedo dove sia,
là in fondo,
il gigante nascosto
ai nostri occhi.
L'eroe semi-dio, che,
piegato dallo sforzo,
riesce a tenere,
sulle sue spalle poderose,
tutte quelle nuvole
gonfie di pioggia,
perché non ci cadano addosso.








È una donna bellissima. Ma non chiedetemi come sia. Non ne ricordo il colore dei capelli. Non ne riconosco l'incarnato. Non ritrovo la morbidezza delle sue spalle. Non ho misurato la lunghezza delle sue dita.  Non posso dire quale sia la sua forma. Ma so che è lei.  Anche nel  buio dei miei occhi chiusi.



Un battito di ciglia. Un singolo respiro. Come lo schioccare delle dita del prestigiatore. Capace di trasformare una bacchetta in un mazzo di fiori.  Di far scomparire una moneta dentro un foulard.  Di fare uscire un coniglio bianco da un cappello a cilindro.  Un tuo battito.  Un tuo respiro.  Capaci di mostrare l'invisibile che sta davanti ai nostri occhi.  Nascosto nel cilindro dell'animo.