sabato 30 novembre 2013

ma lei lo sa?




Inizio a temere che sia innato. Immutabile. Irreversibile. Lo penso, mentre passo davanti a quelle tre scuole, messe in fila, nel largo viale alberato. Nel vedere quelle solite scritte sul muro ruvido. Nel notare quei fogli A4, un po' meno abituali, attaccati davanti al cancello. Noi maschi non cambieremo mai?  Continueremo a preferire uno spray rosso, per dipingere un "Ale ti amo" sull'intonaco grigio, davanti all'uscita della scuola? O stamperemo, con l'ink-jet dell'amico e l'inchiostro rosso, un bel  "irene sei la mia vita", per incollarlo sopra il manifesto del detersivo candeggiante?  Davvero, non avremo mai, il semplice coraggio di tenere la mano sottile, mentre  tiriamo fuori a mezza voce, un garbato "ti amo"?  Come diceva Didone: "non per mille anni, non per sempre, ma soltanto ora, in questo istante, senza che alcuno, oltre a noi, possa neppure immaginarlo". O più semplicemente, si potrebbe farlo, per evitare l'imbarazzante domanda del vostro migliore amico, al quale avete appena confessato che state assieme a Irene. "Ma lei, lo sa?"






venerdì 29 novembre 2013

equo e solidale




Sapete.... Sul tavolino del mio hotel, c'è anche un piccolo blocco notes.  E invece della solita penna biro, hanno messo una bellissima matita.   Bianca e con la gomma incorporata.  Chissà se l'hanno messa perché hanno saputo che io ho un debole per le matite.  Si.  Lo so.  Ho un debole anche per un sacco di altre cose.  E per un paio in modo particolare.  Una di queste, ve lo ripeto, sono proprio le matite.  Devo anche dire che, mentre ci scrivevo, per mandare messaggi con le foto su whats app, ho pensato una cosa cretina. Una delle mie.  "Forse in questo hotel, dove non ti fanno pagare l'acqua minerale del frigo bar, magari hanno anche un omino, per un compito specifico. Quando scrivi troppo con la matita bianca, che ti hanno lasciato in camera, invece di metterne una nuova,  passa l'omino, per rifare la punta.  Per il prossimo cliente."




(E soprattutto, non fidatevi degli specchi nelle stanze d'albergo. Mentono. Peggio di un corteggiatore spavaldo. Non è vero che siete così magre.)
 
 

martedì 26 novembre 2013

shell



Neanche una nuvola, davanti a me, stamattina. Mentre Emeli Sande canta "I wanna shout".  Ve lo regalo, questo cielo liscio come un foglio di carta Fabriano. Perché possiate metterci sopra,  le vostre nuvole bianche,  fatte di morbida bambagia, con la colla delle vostre passioni di oggi.  Come da bambini, nei collage del doposcuola. 









Faccio un pellegrinaggio. Come il cammino di Santiago per i credenti. Così anche io, seguo la conchiglia, anche se è quella di un distributore di carburante. Faccio tappa nei  santuari, che hanno forma di piazzola. Come gli antichi profeti, le mie visioni sono quelle di un mondo a cui giungere. Illumino con i fari  pezzi d'asfalto e reti rosse, perché le loro ombre mi appaiano più vere,  quando assumono le forme, che i miei sogni si aspettano e i miei desideri si attendono.  So che ripartire da quella piazzola,  diventa difficile ogni volta di più. E mi sento come chi, una volta partito, si accorge di un oggetto dimenticato, ma capisce che ogni tappa, ogni metro percorso, renderà più difficile tornare indietro a riprenderlo. Come direbbe il mio amico statistico: "la probabilità di tornare indietro è inversamente proporzionale alla distanza già percorsa". Ma lui è cinico. Per cui, io ho aggiunto: "la probabilità di tornare indietro è direttamente proporzionale al valore di ciò che hai lasciato".




Sono in viaggio al buio della sera. Come ogni sera. Oggi vorrei che fosse un viaggio più  lungo. Indefinito. 
Come i teoremi matematici del liceo. Quelli che tendevano all'infinito.  Quelli che non ho mai capito. 
Come te.




lunedì 25 novembre 2013

scritte a mano






Con la punta delle dita, tocco il vetro freddo, davanti a me.
Esattamente sopra quella stella, che scompare sotto il mio polpastrello.
Intere costellazioni, si oscurano dietro la mia mano sinistra.
Persino la cintura di Orione, scompare al suo passaggio.
Si direbbe che siano forti, le mie mani. Se non avessero conosciuto le tue.
Si direbbe che siano invincibili. Se non ti avessero perso,
nel buio delle costellazioni gemelle.










Ti penso.  E ti scrivo.
Continuamente.
Ma sulle buste,
che chiudo accuratamente,
metto ogni volta,
nomi e indirizzi differenti.
Inesistenti.

giovedì 21 novembre 2013

perchè tu non la legga












Talvolta la vita ce la spiegano i telefonini. Quando entrando in una galleria,  perdiamo il segnale e non riusciamo più a parlare con la persona che stava dall'altra parte, fino all'uscita.  Solo che nella vita, certe gallerie, sembrano non finire più.

("l'amore al tempo dei paracarri - 3")









Così tanto amore. Preparato con così tanta cura. Un peccato tenerlo custodito, senza poterlo mostrare. Così, ne faccio tozzetti,  da regalare agli sguardi che incontro. 








("Ogni parola che scrivo. 
È scritta per te.  
Perché tu non la legga. 
Ogni giorno che vivo. 
È vissuto per te. 
Perché tu non lo sappia.")








ci assiste










Dalia, alle sette del mattino, mi ha scritto che andava ad aiutare a ripulire le case dal fango. Alla fine del messaggio, ha aggiunto "che Dio ci assista". Io le ho risposto. A modo mio:
"Oggi, non è soltanto il Dio che assiste. Oggi, non è soltanto il Dio Padre del tempo, Maestro d"amore, Signore della luce, Padrone della vita. Oggi è il Dio dell'acqua e del fango. Che si piega con voi, sulla terra smossa, per sentirne il lamento."















mercoledì 20 novembre 2013

con la "a" maiuscola

Io l'ho vista l'acqua. Avevo cinque anni. E mia zia, che ora è l'ombra di sé stessa, che stava lì accanto a me. La guardava anche lei. Immobile nella sua ossuta secchezza. La mano stretta sulla mia. A impedirmi neppure mezzo passo, delle mie scarpe nuove, di vernice nera. Come se soltanto a guardarlo, quel mare color nocciola, avesse potuto trascinarmi via. Io l'ho vista l'acqua, dopo la messa della domenica. Incurante di ogni preghiera. Senza rispetto per il giorno del Signore. Silenziosa come un temporale raccontato a chi non c'era. Lenta come lo scorrere del tempo. E come il tempo, incapace di fermarsi o tornare indietro. È così che la ricordo. Mentre curiosamente, ogni cosa della piazza sembrava abbassarsi. Mentre solo lei restava uguale. Sempre alla stessa altezza. Come se un invisibile e magico falegname, segasse le gambe del tavolo, per farlo più basso. Per aiutare mia nonna a stendere meglio l'impasto del pane fine. Così, si abbassava il vecchio  municipio, con la lapide in marmo dei caduti in guerra. Il consorzio agrario, di fronte al vecchio pozzo. L'ufficio postale, di fianco al negozio di generi alimentari della signora Antonia. Persino il bar di Giovanni, da cui vedevo uscire, galleggiando, le cassette di legno della birra Ichnusa.  E il grande muro dell'argine, che si piegava morbidamente, come fanno i nastrini, quando si infiocchettano i pacchi regalo.
Era un'acqua di altri tempi. Arrivava di giorno. Arrivava con calma. Ti dava il tempo di capire cosa fare e dove andare a ripararti, senza fretta. Portava via solo oggetti inanimati. Al più, teneva per sé i cari ricordi di qualcuno. Regali di nozze. Tappeti di lana ereditati dal bisnonno. L'ultima foto del proprio marito, disperso nella guerra d'Africa. Vecchi mobili rattoppati. O ciarpame, dall'enorma valore affettivo, conservato in un angolo, per quando mai fosse servito. Ma buono da dare in pasto all'alluvione.
La chiamavano così. Anzi, ancora oggi la chiamano così. Come fosse un nome proprio di persona. Come fosse un vecchio emigrato, che ogni tanto potrebbe tornare a visitare il paese, per vedere se tutto è come l'aveva lasciato l'ultima volta. La chiamano così, rifiutando persino, di usare l'articolo indeterminativo. Distinguendo persino le epoche paesane: prima e dopo di essa. E magari, con la "A" maiuscola.
"L'Alluvione".

t-rain




Viaggio, sfidando i demoni della pioggia, che sfiorano le cime degli alberi. Come ombre nere, sfregiate dai lampi nel cielo. Prima di ricadere davanti a me, sotto forma di alberi divelti dalla terra.
 
 
 

Oggi. Una pioggia fitta e morbida.
Che cerca un luogo per cadere,
dove già non si sia posata,
il giorno prima.





Questa notte che sembra ancora più lunga, se mai questo sia possibile. Questo giorno che non porta consolazione. Se mai questo sia possibile. Neppure con il colore rosso dell'alba.


 
 
 

venerdì 15 novembre 2013

live or love




Capita. in piena notte.  Di avere il desiderio di riascoltare una vecchia canzone. Quella canzone che ti ha sempre emozionato. Per tanti motivi. Senza un perchè. Senza una ragione, che non fosse l'emozione stessa.
Tutti noi ce l'abbiamo, una canzone così. Chi lo nega, "mente sapendo di mentire", come ci aveva insegnato il Professor Antioco Porcu.
E sai benissimo, che il mattino seguente, sarai uno straccetto, come direbbe la mia professoressa di etica.
Ma senti che il tuo cuore, in piena notte, ha bisogno di quel suono, per sollevarsi un momento. Per avventurarsi, senza compagnia alcuna, nel buio della notte d'autunno. Le puoi quasi toccare, le notti così. Umide e fangose, come la terra sotto le scarpe, dopo le prime piogge di novembre.
E mentre giri attorno al buio della notte, quando le ore sono solo decimali, ti senti capace di dimenticare ogni cosa. Ogni peso. Ogni cinghia che lega il tuo respiro. E senti che sarà per sempre. Finchè la canzone non finirà. E sai che puoi essere capace di ogni cosa. Anche di cambiare, con una sola lettera dell'alfabeto, il titolo di una canzone. E con lei, tutto il destino del mondo. Per sempre. Finchè la canzone non finirà.  Who wants to love forever.



Non c'è un tempo per noi
Non c'è un posto per noi
Cos'è questa cosa che forma i nostri sogni
E tuttavia ci sfugge
Chi vuol vivere per sempre,
Chi vuol vivere per sempre?
Per noi non c'è scelta
Per noi è già tutto deciso
Questo mondo ha un solo
Tenero istante messo da parte per noi
Chi vuol vivere per sempre,
Chi vuol vivere per sempre?
Chi desidera amare per sempre?
…Quando l’amore deve morire
Ma tocca le mie lacrime con le tue labbra,
Tocca il mio mondo con la punta delle tue dita
E potremo averci per sempre,
E potremo amare per sempre
Chi vuol vivere per sempre,
Chi vuol vivere per sempre?
L'eternità è il nostro oggi
Chi vuol vivere per sempre,
Chi vuol vivere per sempre?
L'eternità è il nostro oggi
Who waits forever anyway?




(queen, who wants to live forever)

mercoledì 13 novembre 2013

la mia africa











La mia Africa. Stamattina.








"Se fossi un filosofo, vorrei chiamarmi Plastic Bertrand. Sembra un nome molto autorevole, per un filosofo."

lunedì 11 novembre 2013

errori


















Nei viaggi di rientro, rivedo la giornata trascorsa. Metto in fila tutti gli errori.  Li spiego  a me stesso. Quasi sempre li riconosco. Quasi mai riesco a giustificarli. E non me ne faccio mai una ragione. Cerco di trarne l'insegnamento.  Anzi, li tormento senza smettere, i miei poveri  errori.  Torcendoli e strizzandoli, come si fa con uno straccio a cui si vuol togliere fino all'ultima goccia d'acqua di cui è intriso. Mi fermo solo quando le mie mani sono dolenti e fradicie, le mie braccia sono esauste. Quando il mio cuore, disseccato, inaridito, sfinito, quasi non batte più.



venerdì 8 novembre 2013

day & night


Day

Le nebbie di questa mattina.
Piccoli fantasmi di bambagia,  adagiati sulla valle di Abramo Ledda.
Copritevi.
Leggermente.


Night





Non è tutto nero.
Sono la Luna e Venere.
Che si guardano.







("Lacerato da ciò che scandisce stagioni e giorni. Che separa luce e buio. Che cambia il destino")

("In my brain, i see your face again")

have a beautiful day

Mi hanno raccontato una storia. Una storia di sentimenti. Forse una storia d'amore. L'ho ascoltata con l'incanto di un bambino. Ve la descrivo con le parole che mi sono restate. Appiccicate come lo zucchero, sopra le piccole pesche della pasticceria napoletana.


H.A B.D. I

Sono vivo.
Perché tu esisti.
Sono la forma che tu mi dai.
Il suono della tua voce.
Sono il colore che vedono i tuoi occhi.
Sono il lembo di ogni tua piccola ruga.
Sarò vivo, finché troverò ciò che sei.
Sarò vivo, finché tu esisterai.


H.A B.D.  II

Passo al setaccio le tue parole. Le piccole frasi.
Come i cercatori d'oro, nei romanzi di Jack London.
Cerco le piccole gocce brillanti, nei grumi informi.
Certo di trovare ciò che di più prezioso, il mondo abbia  creato.
Con la certezza che l'abbia fatto solo per me.


H.A B.D. III

Guardarsi. E non capire.
Chiedersi ancora una volta, cosa ci sia 
in fondo al nero dei tuoi occhi scuri.
Come un forziere in fondo al mare. 
Di cui possiedi la mappa. 
Ma che non porterai in superficie.


H.A B.D. IV

Sarebbe così bello. Essere capaci di costruire una fionda, come da bambini. Usando i nastri di caucciù.
E saper tirare i pensieri, come sassolini. Saper calibrare la forza, per farli arrivare alla tua finestra. Farli battere sul vetro, senza mai romperlo.