sabato 8 giugno 2013

righe

Ricordo ancora, con un piccolo disagio, un professore di medicina legale, durante uno dei tanti corsi e seminari romani. Cercava di farci capire la volontà di morire, di una persona. Partendo dalla ricerca di elementi, che permettessero di distinguere un omicidio da un suicidio.  Ma la discussione prese i connotati di un confronto quasi teologico e filosofico, sulla volontà di morire. Sono certo che Michela Murgia, ci  avrebbe sguazzato. C'era una difficoltà quasi insormontabile, nell'entrare nei pensieri di una persona che avesse deciso di rinunciare, in modo così assoluto e definitivo. Il Professore decise allora, di portarmi a vedere un piccolo pezzo della Citta Eterna. Per un caffè. Fino a un ponte. Mi fece sporgere oltre il bordo del muro di pietra, alto non più di un metro. Sulla parete intonacata, ormai logorata dal tempo, decine di righe verticali. Più o meno sottili. Più o meno irregolari. Più o meno lunghe di qualche centimetro. Quel ponte, oggi famoso per i lucchetti, in  quel periodo, era molto gettonato per un altro uso. Un pò come lo erano i Bastioni di Cagliari. E quelle  righe sull'intonaco?.  "Sono l'immagine sacra, dell'insicurezza umana. Un attimo dopo l'ultima, definitiva, assoluta decisione sul proprio destino. Ci si aggrappa con le unghie, al muro che scorre verso l'alto". Come i titoli di coda di un film.
Ripenso sempre a quel ponte, nelle giornate come oggi, in cui mi sento agguantare dalla mia insicurezza. Forse per ritrovarmi in buona compagnia. Assolutamente. Definitivamente.  Irrimediabilmente. Forse.



"Porque tu me acostumbraste"

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