lunedì 27 maggio 2013

di cristallo





 
Ho pensato che avrei scritto qualche riga, stasera. L'ho pensato mentre guardavo un regalo. Un disegno. A cui non manca niente. Un cespuglio di capelli scuri. Un fiocco rosso. Occhi, naso, bocca. Sono perfetti per un musetto gioioso. Poi vedi le braccia larghe. Pronte per un abbraccio.  Sicure che arriverà. I piedi uniti, con le scarpe a punta tonda, da cui sbucano le calzine corte con il pizzo. Sembra una piccola Mafalda. E forse lo è.  Ma preferisco pensare che sia una piccola May. Che non ha ancora smesso di abbracciare il mondo, con le sue braccia aperte.
Quel minuscolo disegno, tracciato su un post-it, mi ha fatto ricordare che esiste una malattia genetica rarissima. Viene chiamata "malattia delle ossa di cristallo". Ogni volta che ne sento parlare, immagino che le persone che ne soffrono, abbiano paura di una stretta di mano.  Persino di essere abbracciate. Paura di un abbraccio che puo' fare male, quando è troppo forte.
A volte, per avere paura di un abbraccio,  non c'è neppure bisogno di avere una malattia genetica rarissima.  Capita certamente.  Si può avere paura di un abbraccio.  Si può essere fragili, anche senza avere le ossa di cristallo.  E quando ce ne accorgiamo, restiamo fermi.  Sospesi come un abbraccio che non arriva.  Con le braccia larghe. Come un minuscolo disegno fatto su un post-it.

martedì 21 maggio 2013

il giorno del cantuccio

 
Undici chilometri di strada. Che punta dritta fino in fondo. Davanti c'è Monte Rasu. Nelle giornate di maestrale, si vede luccicare l'antenna del radar che su un qualunque computer, riesce a farvi vedere la pioggia, dovunque cada sull'isola.  Quelli che noi chiamiamo monti, in realtà, non sono altro che colline. In certi giorni, come oggi, anche le nuvole restano basse e si poggiano sulla parte alta. Come se volessero nascondere la sommità. Per farci credere e immaginare  che dietro quella coltre bianca, ci siano delle cime di montagne altissime.  Credo che,  se quelle nubi restassero un tempo sufficiente lassù, a mezzo pendio, anche le colline  stesse, potrebbero sognarlo.

lunedì 6 maggio 2013

nazca



Come le linee di Nazca.
Come le piante delle grandi città.
Ci sono oggetti e cose, talmente grandi,
che ci sfugge la loro forma.
Che riusciamo a distinguere e capire,
solo quando ce ne allontaniamo. 
Anche solo per un momento.