Scusate se, stavolta, non tutti capirete.
Pur avendo fatto il liceo scientifico, ancora oggi, mi vanto di essere sempre stato pressochè insufficiente in matematica e fisica. Ma avevo sempre nove in latino. Il che, lo ammetto, dimostra la mia incoerenza totale, anche in campo scolastico. Ho fatto ricorso alle mie scarse risorse aritmetiche, per fare un calcolo. Ventotto più diciassette: uguale quarantacinque.
Pur avendo fatto il liceo scientifico, ancora oggi, mi vanto di essere sempre stato pressochè insufficiente in matematica e fisica. Ma avevo sempre nove in latino. Il che, lo ammetto, dimostra la mia incoerenza totale, anche in campo scolastico. Ho fatto ricorso alle mie scarse risorse aritmetiche, per fare un calcolo. Ventotto più diciassette: uguale quarantacinque.
Ho fatto questo calcolo, perchè ho visto una foto a colori. Ho conosciuto quel ragazzo, con la divisa da aviatore. Gli occhiali ray-ban, vezzosamente agganciati al taschino. Il capo voltato verso qualcuno o qualcosa, di lato. O forse, semplicemente ruotato verso destra, per avere il profilo migliore, nello scatto fotografico. Come fanno tutti i giovani, che indossano una divisa. Capelli con riga di lato e ciuffo coerente, mai ribelle.
La mia amica neurologa australiana, dice sempre che tutti noi, modifichiamo i ricordi, per adattarli alle nostre aspettative. Io lo ricordo alto, magro. Scattante nel fisico, come nella parola. Battuta pronta e sorriso pericolosamente sarcastico, al bisogno. Ma sempre garbato. Forse anche un tantino strafottente, come lo sono tutti, quando si è giovani e belli. Come il mattino in cui passò al volo, sopra il paese, accompagnato dal rombo assordante della turboelica, salutando i suoi amici a terra.
Probabilmente, la vita, come per tutti noi, lo avrebbe migliorato. Ne avrebbe smussato gli aspetti più spigolosi del carattere. Gli avrebbe insegnato la moderazione. Con gli anni, avrebbe capito molto degli uomini. Con il tempo, sarebbe maturato. Magari l'essere malato, l'avrebbe aiutato a capire se stesso e gli altri. Il dolore di un addio, lo avrebbe aiutato a dare il giusto peso a ogni ostacolo. Seduto a un tavolino del bar, nella Piazza di Chiesa, avrebbe raccontato con calma, quasi senza emozione, dell'istante in cui tutto cambiò. Del momento in cui, ventotto più diciassette, sarebbero state solo quarantacinque notti buie. Al largo di uno scoglio, in basso a sinistra di una cartina geografica. E magari, sorridendo, avrebbe tirato fuori una delle sue musicassette, con dentro Francesco Guccini, a ricordarci che "gli eroi sono tutti giovani e belli".