sabato 21 dicembre 2013

medici e meccanici

Vi capita di sentirvi soli? Ne ho paura.
Il mio meccanico è stato di parola. Con la valvola nuova, la mia auto sfreccia via sulla statale. All'inseguimento di niente. Come un gattino nero che gioca con l'aria, cercando un piccolo topino che non c'è.
Ora sono qui. Bloccato. Immobile.  Motore acceso. Cuore fermo. In una foto aperta,  come uno sportello grigio.
Diceva così, quel vecchio medico di pianura. "Forse non è iniziato tutto qui. Ma da qui il vento ha iniziato a soffiare. Da questo luogo ne ho sentito il suono. Come da bambini, quando si soffia con le labbra strette a cerchio, dentro la bottiglia.
Sono arrivato. Sono esattamente la', dove neppure un passo è concesso. Dove Icaro ha visto sciogliere le sue ali, fatte con la cera. Ma io non cado. Rimango sospeso. Come un sospiro trattenuto. Un respiro tolto. Un fiato mozzato.  Come un bacio mai dato".
E' vero:  medici e meccanici, non curano solo le malattie e le auto.
 
 
 
 

(Faccio scorrere il tempo. Così poi posso dire che è troppo tardi.)

mercoledì 18 dicembre 2013

all'insù






Tirate il vostro naso all'insu'.  
Non abbiate paura  che il vostro collo si possa spezzare.  
Né che la vostra testa si possa staccare dal resto del corpo.  
Non  succederà, statene certi.   
E seppure dovesse accadere,  ne sarà valsa la pena.  
Per poter guardare un cielo stellato così bello.  
Come brillantini sul tessuto ai vostri piedi.



martedì 17 dicembre 2013

ultimo ricordo



Ogni tanto, mi viene in mente il racconto di Walter Veltroni, sui film di Maciste, che guardava da ragazzino, nel salone parrocchiale del quartiere. E di come l'eroe forzuto, sollevava massi e macigni, sempre più grandi e impressionanti per dimensione. Fino al momento in cui, le dimensioni e l'ipotetico peso, risultavano palesemente fuori proporzione, rispetto al pur muscoloso Maciste. Talmente spropositate, da fare ululare la platea, irridendo l'inverosimile impresa. Era a quel punto, che dalla prima fila, si alzava in piedi Erminio, il macellaio, grande e grosso come un armadio a doppia anta. Girandosi verso i giovani,  li apostrofava con un definitivo e incontestabile "...sse pò ffà, ...sse pò ffà!".
Erminio, mi ha sempre fatto pensare a Gianuario, il macellaio che stava dietro casa. Anche lui massiccio, grande e grosso. Un bonario incrocio tra l'Uomo di Pietra della Storia Infinita e il Maciste dei film della Titanus. Geneticamente predisposto alla battuta fulminante, come pure alla beffarda millanteria o alla gioiosa presa in giro. Come la volta che, nella bottega delle carni, entrò, quasi intimidito, uno dei primi immigrati marocchini, giunto da poche settimane in paese. Gianuario metteva a proprio agio chiunque. E lo fece anche quella volta.  Parlando del più e del meno, come sempre.  Fino a che, non propose al cliente nordafricano, di acquistare oltre al resto, anche qualche buona braciola. Di maiale. Ma naturalmente, rendendosi conto della gaffe madornale, recuperò terreno, chiedendo con grande interesse, maggiori particolari sui precetti religiosi islamici, in materia di cibo. La conclusione concorde, fu che non c'erano particolari restrizioni alimentari. Consumavano ogni tipo di alimento, tranne il maiale. Fu a quel punto che Gianuario arrivò alla sintesi del ragionamento. Non c'era diversità tra quel popolo che arrivava sull'isola, e la gente di Sardegna. Accompagnato dal sorriso del marocchino, che si sentiva finalmente integrato nella comunità, concluse il sillogismo: "Siamo uguali. Siete come noi. E' la stessa cosa in Sardegna: anche noi mangiamo qualunque cosa. Anche noi mangiamo tutto, tranne le pietre". "E' proprio così. Stessa cosa come in Marok!".


(Il cliente ha sempre ragione)





sabato 14 dicembre 2013

santa k.



Sui telefonini, tutto diventa leggero, quasi frivolo.  Persino una filosofica discussione sull'esistenza di Babbo Natale. Messaggio dopo messaggio, si arriva alla domanda universale: esiste un momento in cui si svela il Mistero Natalizio? E' possibile riconoscere l'istante in cui, un animo bambino, viene atrocemente illuminato, dalla scoperta del grande complotto? Davvero Babbo Natale - Santa Klaus, non è altro che un bottiglione di Coca-Cola camuffato?
No. Non credo che esista  il giorno o l'età precisa, in cui si svela il Mistero Natalizio.
Credo che l'inesistenza di Babbo Natale, non si sveli. Ma si dipani come una matassa. Difficile dire se conti di più  il giorno in cui hai iniziato a dipanare, o quando il gomitolo finisce, lasciandoti l'ultimo pezzo di spago che ti sfugge via dalle dita. 
Anzi, sono convinto che la cosa migliore, sia riacciuffare quell'ultimo pezzo e riaggomitolare la matassa. Dopodichè, potrete riporla  in un cassetto. Avendo cura di evitare il ripiano dove custodite i sogni. Quelli sono un'altra cosa.



venerdì 13 dicembre 2013

treni rari

 
 
Quando ci si ritrova dopo tempo, in qualunque modo accada, si sente il bisogno di sapere cosa è accaduto nel frattempo. Io, per esempio, cerco sempre di suscitare meraviglia, raccontando dei chilometri che percorro. Talvolta, mi chiedono  del perchè io non preferisca viaggiare in treno. A quel punto, con molta calma, spiego che in Sardegna, i treni sono un'entità quasi astratta. I treni sono passaggi a livello,  stazioni abbandonate, bretelle mai realizzate, produttori di scintille incendiarie. O tutt'al più, osservatori astronomici. Infatti sono talmente rare le "corse", che li potremmo usare come le pietre di Stonehenge: per segnare i giorni. Uno all'alba e uno al tramonto.
 
 
(alle bibliotecarie di Genova, che mi hanno dato lo spunto)
 
 

ginger

 
 
 
 
Bobo e Tanya, erano matricole universitarie. Di quelle matricole come non ne vedi più. Sorridenti e felici. Consapevoli della fortuna di essere studenti universitari. Ho iniziato a frequentare le feste studentesche, solo quando ho conosciuto loro. Mi piaceva trovarmeli in quei ritrovi clandestini, che erano gli appartamenti dei "fuori sede", dopo le dieci di sera.  "Fuori sede" era la denominazione degli studenti che, non abitando in città, si trasferivano nella sede universitaria.  Li definivano cosi, come oggi chiamano "extracomunitari", tutti quelli che arrivano a cercare un tozzo di pane per lavoro. Noi cercavamo un tozzo di titolo di studio.  Bobo e Tanya, erano uno spettacolo da vedere e da sentire. Ti facevano pensare che valeva la pena vivere, in questo mondo, se esistevano abitanti come loro. Riuscivano a fare scivolare via, intere nottate, senza il benchè minimo senso di colpa, per i capitoli non studiati.  Nè, tantomeno, per il collega di studio che, il mattino seguente, sarebbe arrivato, puntualmente, alle otto.
Partecipavano a ogni necessità o bisogno. Che fosse un invito a pranzo imprevisto, causa sciopero mensa universitaria, o una crisi coniugale tra fidanzati. Tanya, aveva sempre un modo di ascoltare e spiegare. Senza supponenza, nè spocchia. Neppure quando raccontava di esuli e profughi. Di terremotati e di sfollati. Di distruzioni e ricostruzioni. Di case e famiglie da rimettere in piedi. Tenendo per sè ogni sconfitta. Ogni delusione.
L'università è un villaggio temporaneo, di nomadi che arrivano e ripartono. Noi, come tutti, siamo arrivati e ripartiti.
E' cosi, che ho rivisto Tanya. In un'altra stazione. Dicono sempre che il viso di chi è disteso, in quel giaciglio di legno, sia sereno, perchè ogni sofferenza è cessata. Lei, invece aveva un viso sofferente, come se neppure quello stato, le avesse placato un dolore tanto profondo. O forse, mi sbaglio. Il dolore era proprio in quel distacco. Nel dover lasciare il lavoro incompiuto. Come non avermi insegnato a non piangere per lei.
 
 
 
(cesare cremonini, la nuova stella di broadway)

mercoledì 11 dicembre 2013

stasera è così









Anche il distributore di Losa, visto con gli occhi giusti,  può sembrare affascinante.






Ecco. Stasera è così.
Progettare. Fare. Lottare.
Stasera non hanno cittadinanza
nei miei pensieri.
Ecco. Stasera è così.


(Ho iniziato  a scrivere. Uno sul Nero. Uno su Elvis. Eppure non riesco a terminarli.)



Però, come faccio ogni tanto, vi lascio qualche riga importante; questa è di Albert Einstein.

"Io non pretendo di sapere cosa sia l’amore per tutti, ma posso dirvi che cosa è per me: l’amore è sapere tutto su qualcuno, e avere la voglia di essere ancora con lui più che con ogni altra persona. L’amore è la fiducia di dirgli tutto su voi stessi, compreso le cose che ci potrebbero far vergognare. L’amore è sentirsi a proprio agio e al sicuro con qualcuno, ma ancor di più è sentirti cedere le gambe quando quel qualcuno entra in una stanza e ti sorride...".

venerdì 6 dicembre 2013

occhi chiusi






Mi chiedo dove sia,
là in fondo,
il gigante nascosto
ai nostri occhi.
L'eroe semi-dio, che,
piegato dallo sforzo,
riesce a tenere,
sulle sue spalle poderose,
tutte quelle nuvole
gonfie di pioggia,
perché non ci cadano addosso.








È una donna bellissima. Ma non chiedetemi come sia. Non ne ricordo il colore dei capelli. Non ne riconosco l'incarnato. Non ritrovo la morbidezza delle sue spalle. Non ho misurato la lunghezza delle sue dita.  Non posso dire quale sia la sua forma. Ma so che è lei.  Anche nel  buio dei miei occhi chiusi.



Un battito di ciglia. Un singolo respiro. Come lo schioccare delle dita del prestigiatore. Capace di trasformare una bacchetta in un mazzo di fiori.  Di far scomparire una moneta dentro un foulard.  Di fare uscire un coniglio bianco da un cappello a cilindro.  Un tuo battito.  Un tuo respiro.  Capaci di mostrare l'invisibile che sta davanti ai nostri occhi.  Nascosto nel cilindro dell'animo.

sabato 30 novembre 2013

ma lei lo sa?




Inizio a temere che sia innato. Immutabile. Irreversibile. Lo penso, mentre passo davanti a quelle tre scuole, messe in fila, nel largo viale alberato. Nel vedere quelle solite scritte sul muro ruvido. Nel notare quei fogli A4, un po' meno abituali, attaccati davanti al cancello. Noi maschi non cambieremo mai?  Continueremo a preferire uno spray rosso, per dipingere un "Ale ti amo" sull'intonaco grigio, davanti all'uscita della scuola? O stamperemo, con l'ink-jet dell'amico e l'inchiostro rosso, un bel  "irene sei la mia vita", per incollarlo sopra il manifesto del detersivo candeggiante?  Davvero, non avremo mai, il semplice coraggio di tenere la mano sottile, mentre  tiriamo fuori a mezza voce, un garbato "ti amo"?  Come diceva Didone: "non per mille anni, non per sempre, ma soltanto ora, in questo istante, senza che alcuno, oltre a noi, possa neppure immaginarlo". O più semplicemente, si potrebbe farlo, per evitare l'imbarazzante domanda del vostro migliore amico, al quale avete appena confessato che state assieme a Irene. "Ma lei, lo sa?"






venerdì 29 novembre 2013

equo e solidale




Sapete.... Sul tavolino del mio hotel, c'è anche un piccolo blocco notes.  E invece della solita penna biro, hanno messo una bellissima matita.   Bianca e con la gomma incorporata.  Chissà se l'hanno messa perché hanno saputo che io ho un debole per le matite.  Si.  Lo so.  Ho un debole anche per un sacco di altre cose.  E per un paio in modo particolare.  Una di queste, ve lo ripeto, sono proprio le matite.  Devo anche dire che, mentre ci scrivevo, per mandare messaggi con le foto su whats app, ho pensato una cosa cretina. Una delle mie.  "Forse in questo hotel, dove non ti fanno pagare l'acqua minerale del frigo bar, magari hanno anche un omino, per un compito specifico. Quando scrivi troppo con la matita bianca, che ti hanno lasciato in camera, invece di metterne una nuova,  passa l'omino, per rifare la punta.  Per il prossimo cliente."




(E soprattutto, non fidatevi degli specchi nelle stanze d'albergo. Mentono. Peggio di un corteggiatore spavaldo. Non è vero che siete così magre.)
 
 

martedì 26 novembre 2013

shell



Neanche una nuvola, davanti a me, stamattina. Mentre Emeli Sande canta "I wanna shout".  Ve lo regalo, questo cielo liscio come un foglio di carta Fabriano. Perché possiate metterci sopra,  le vostre nuvole bianche,  fatte di morbida bambagia, con la colla delle vostre passioni di oggi.  Come da bambini, nei collage del doposcuola. 









Faccio un pellegrinaggio. Come il cammino di Santiago per i credenti. Così anche io, seguo la conchiglia, anche se è quella di un distributore di carburante. Faccio tappa nei  santuari, che hanno forma di piazzola. Come gli antichi profeti, le mie visioni sono quelle di un mondo a cui giungere. Illumino con i fari  pezzi d'asfalto e reti rosse, perché le loro ombre mi appaiano più vere,  quando assumono le forme, che i miei sogni si aspettano e i miei desideri si attendono.  So che ripartire da quella piazzola,  diventa difficile ogni volta di più. E mi sento come chi, una volta partito, si accorge di un oggetto dimenticato, ma capisce che ogni tappa, ogni metro percorso, renderà più difficile tornare indietro a riprenderlo. Come direbbe il mio amico statistico: "la probabilità di tornare indietro è inversamente proporzionale alla distanza già percorsa". Ma lui è cinico. Per cui, io ho aggiunto: "la probabilità di tornare indietro è direttamente proporzionale al valore di ciò che hai lasciato".




Sono in viaggio al buio della sera. Come ogni sera. Oggi vorrei che fosse un viaggio più  lungo. Indefinito. 
Come i teoremi matematici del liceo. Quelli che tendevano all'infinito.  Quelli che non ho mai capito. 
Come te.




lunedì 25 novembre 2013

scritte a mano






Con la punta delle dita, tocco il vetro freddo, davanti a me.
Esattamente sopra quella stella, che scompare sotto il mio polpastrello.
Intere costellazioni, si oscurano dietro la mia mano sinistra.
Persino la cintura di Orione, scompare al suo passaggio.
Si direbbe che siano forti, le mie mani. Se non avessero conosciuto le tue.
Si direbbe che siano invincibili. Se non ti avessero perso,
nel buio delle costellazioni gemelle.










Ti penso.  E ti scrivo.
Continuamente.
Ma sulle buste,
che chiudo accuratamente,
metto ogni volta,
nomi e indirizzi differenti.
Inesistenti.

giovedì 21 novembre 2013

perchè tu non la legga












Talvolta la vita ce la spiegano i telefonini. Quando entrando in una galleria,  perdiamo il segnale e non riusciamo più a parlare con la persona che stava dall'altra parte, fino all'uscita.  Solo che nella vita, certe gallerie, sembrano non finire più.

("l'amore al tempo dei paracarri - 3")









Così tanto amore. Preparato con così tanta cura. Un peccato tenerlo custodito, senza poterlo mostrare. Così, ne faccio tozzetti,  da regalare agli sguardi che incontro. 








("Ogni parola che scrivo. 
È scritta per te.  
Perché tu non la legga. 
Ogni giorno che vivo. 
È vissuto per te. 
Perché tu non lo sappia.")








ci assiste










Dalia, alle sette del mattino, mi ha scritto che andava ad aiutare a ripulire le case dal fango. Alla fine del messaggio, ha aggiunto "che Dio ci assista". Io le ho risposto. A modo mio:
"Oggi, non è soltanto il Dio che assiste. Oggi, non è soltanto il Dio Padre del tempo, Maestro d"amore, Signore della luce, Padrone della vita. Oggi è il Dio dell'acqua e del fango. Che si piega con voi, sulla terra smossa, per sentirne il lamento."















mercoledì 20 novembre 2013

con la "a" maiuscola

Io l'ho vista l'acqua. Avevo cinque anni. E mia zia, che ora è l'ombra di sé stessa, che stava lì accanto a me. La guardava anche lei. Immobile nella sua ossuta secchezza. La mano stretta sulla mia. A impedirmi neppure mezzo passo, delle mie scarpe nuove, di vernice nera. Come se soltanto a guardarlo, quel mare color nocciola, avesse potuto trascinarmi via. Io l'ho vista l'acqua, dopo la messa della domenica. Incurante di ogni preghiera. Senza rispetto per il giorno del Signore. Silenziosa come un temporale raccontato a chi non c'era. Lenta come lo scorrere del tempo. E come il tempo, incapace di fermarsi o tornare indietro. È così che la ricordo. Mentre curiosamente, ogni cosa della piazza sembrava abbassarsi. Mentre solo lei restava uguale. Sempre alla stessa altezza. Come se un invisibile e magico falegname, segasse le gambe del tavolo, per farlo più basso. Per aiutare mia nonna a stendere meglio l'impasto del pane fine. Così, si abbassava il vecchio  municipio, con la lapide in marmo dei caduti in guerra. Il consorzio agrario, di fronte al vecchio pozzo. L'ufficio postale, di fianco al negozio di generi alimentari della signora Antonia. Persino il bar di Giovanni, da cui vedevo uscire, galleggiando, le cassette di legno della birra Ichnusa.  E il grande muro dell'argine, che si piegava morbidamente, come fanno i nastrini, quando si infiocchettano i pacchi regalo.
Era un'acqua di altri tempi. Arrivava di giorno. Arrivava con calma. Ti dava il tempo di capire cosa fare e dove andare a ripararti, senza fretta. Portava via solo oggetti inanimati. Al più, teneva per sé i cari ricordi di qualcuno. Regali di nozze. Tappeti di lana ereditati dal bisnonno. L'ultima foto del proprio marito, disperso nella guerra d'Africa. Vecchi mobili rattoppati. O ciarpame, dall'enorma valore affettivo, conservato in un angolo, per quando mai fosse servito. Ma buono da dare in pasto all'alluvione.
La chiamavano così. Anzi, ancora oggi la chiamano così. Come fosse un nome proprio di persona. Come fosse un vecchio emigrato, che ogni tanto potrebbe tornare a visitare il paese, per vedere se tutto è come l'aveva lasciato l'ultima volta. La chiamano così, rifiutando persino, di usare l'articolo indeterminativo. Distinguendo persino le epoche paesane: prima e dopo di essa. E magari, con la "A" maiuscola.
"L'Alluvione".

t-rain




Viaggio, sfidando i demoni della pioggia, che sfiorano le cime degli alberi. Come ombre nere, sfregiate dai lampi nel cielo. Prima di ricadere davanti a me, sotto forma di alberi divelti dalla terra.
 
 
 

Oggi. Una pioggia fitta e morbida.
Che cerca un luogo per cadere,
dove già non si sia posata,
il giorno prima.





Questa notte che sembra ancora più lunga, se mai questo sia possibile. Questo giorno che non porta consolazione. Se mai questo sia possibile. Neppure con il colore rosso dell'alba.


 
 
 

venerdì 15 novembre 2013

live or love




Capita. in piena notte.  Di avere il desiderio di riascoltare una vecchia canzone. Quella canzone che ti ha sempre emozionato. Per tanti motivi. Senza un perchè. Senza una ragione, che non fosse l'emozione stessa.
Tutti noi ce l'abbiamo, una canzone così. Chi lo nega, "mente sapendo di mentire", come ci aveva insegnato il Professor Antioco Porcu.
E sai benissimo, che il mattino seguente, sarai uno straccetto, come direbbe la mia professoressa di etica.
Ma senti che il tuo cuore, in piena notte, ha bisogno di quel suono, per sollevarsi un momento. Per avventurarsi, senza compagnia alcuna, nel buio della notte d'autunno. Le puoi quasi toccare, le notti così. Umide e fangose, come la terra sotto le scarpe, dopo le prime piogge di novembre.
E mentre giri attorno al buio della notte, quando le ore sono solo decimali, ti senti capace di dimenticare ogni cosa. Ogni peso. Ogni cinghia che lega il tuo respiro. E senti che sarà per sempre. Finchè la canzone non finirà. E sai che puoi essere capace di ogni cosa. Anche di cambiare, con una sola lettera dell'alfabeto, il titolo di una canzone. E con lei, tutto il destino del mondo. Per sempre. Finchè la canzone non finirà.  Who wants to love forever.



Non c'è un tempo per noi
Non c'è un posto per noi
Cos'è questa cosa che forma i nostri sogni
E tuttavia ci sfugge
Chi vuol vivere per sempre,
Chi vuol vivere per sempre?
Per noi non c'è scelta
Per noi è già tutto deciso
Questo mondo ha un solo
Tenero istante messo da parte per noi
Chi vuol vivere per sempre,
Chi vuol vivere per sempre?
Chi desidera amare per sempre?
…Quando l’amore deve morire
Ma tocca le mie lacrime con le tue labbra,
Tocca il mio mondo con la punta delle tue dita
E potremo averci per sempre,
E potremo amare per sempre
Chi vuol vivere per sempre,
Chi vuol vivere per sempre?
L'eternità è il nostro oggi
Chi vuol vivere per sempre,
Chi vuol vivere per sempre?
L'eternità è il nostro oggi
Who waits forever anyway?




(queen, who wants to live forever)

mercoledì 13 novembre 2013

la mia africa











La mia Africa. Stamattina.








"Se fossi un filosofo, vorrei chiamarmi Plastic Bertrand. Sembra un nome molto autorevole, per un filosofo."

lunedì 11 novembre 2013

errori


















Nei viaggi di rientro, rivedo la giornata trascorsa. Metto in fila tutti gli errori.  Li spiego  a me stesso. Quasi sempre li riconosco. Quasi mai riesco a giustificarli. E non me ne faccio mai una ragione. Cerco di trarne l'insegnamento.  Anzi, li tormento senza smettere, i miei poveri  errori.  Torcendoli e strizzandoli, come si fa con uno straccio a cui si vuol togliere fino all'ultima goccia d'acqua di cui è intriso. Mi fermo solo quando le mie mani sono dolenti e fradicie, le mie braccia sono esauste. Quando il mio cuore, disseccato, inaridito, sfinito, quasi non batte più.



venerdì 8 novembre 2013

day & night


Day

Le nebbie di questa mattina.
Piccoli fantasmi di bambagia,  adagiati sulla valle di Abramo Ledda.
Copritevi.
Leggermente.


Night





Non è tutto nero.
Sono la Luna e Venere.
Che si guardano.







("Lacerato da ciò che scandisce stagioni e giorni. Che separa luce e buio. Che cambia il destino")

("In my brain, i see your face again")

have a beautiful day

Mi hanno raccontato una storia. Una storia di sentimenti. Forse una storia d'amore. L'ho ascoltata con l'incanto di un bambino. Ve la descrivo con le parole che mi sono restate. Appiccicate come lo zucchero, sopra le piccole pesche della pasticceria napoletana.


H.A B.D. I

Sono vivo.
Perché tu esisti.
Sono la forma che tu mi dai.
Il suono della tua voce.
Sono il colore che vedono i tuoi occhi.
Sono il lembo di ogni tua piccola ruga.
Sarò vivo, finché troverò ciò che sei.
Sarò vivo, finché tu esisterai.


H.A B.D.  II

Passo al setaccio le tue parole. Le piccole frasi.
Come i cercatori d'oro, nei romanzi di Jack London.
Cerco le piccole gocce brillanti, nei grumi informi.
Certo di trovare ciò che di più prezioso, il mondo abbia  creato.
Con la certezza che l'abbia fatto solo per me.


H.A B.D. III

Guardarsi. E non capire.
Chiedersi ancora una volta, cosa ci sia 
in fondo al nero dei tuoi occhi scuri.
Come un forziere in fondo al mare. 
Di cui possiedi la mappa. 
Ma che non porterai in superficie.


H.A B.D. IV

Sarebbe così bello. Essere capaci di costruire una fionda, come da bambini. Usando i nastri di caucciù.
E saper tirare i pensieri, come sassolini. Saper calibrare la forza, per farli arrivare alla tua finestra. Farli battere sul vetro, senza mai romperlo.







sabato 26 ottobre 2013

5.000



Cinquemila. Da quando.

happy b.



I

A volte, grammatica e sintassi,  ci ingannano.
Perché   "sentirsi soli", non vuol dire "essere raggianti".


II


Leggo da sempre, che uno dei segnali della depressione, siano le crisi di pianto improvviso e immotivato. Ma a me, un momento fa, mi si è stampato sul volto, un sorriso bellissimo. Apparentemente immotivato. Cosa dovrei pensare? 




"Ma....vuoi farmi commuovere?" "No. Voglio farti sorridere."

lunedì 21 ottobre 2013

self

 
21.10.1
Soli.
Io e il mattino.
Ci incontriamo quasi tutti i giorni. Come forestieri in un albergo tre stelle. Sulla porta. Nella hall. A fare colazione, con lo stesso spirito con cui metti il carburante, al distributore self-service.
Ci raccontiamo quello che è stato e quello che sarà. Sperando, entrambi,  che le ore del giorno,  non siano troppo veloci. E non ci facciano morire troppo in fretta.
 
21.10.2
Il mio sorriso  non mi basta.
Ci sarà pure, da qualche parte, il tuo.
Ma da che parte?
 
 
 
(Non ho visto niente, che mi abbia detto "prendimi prendimi.")

venerdì 18 ottobre 2013

auto-strade


Sirene che nuotano.
A forma di nuvola.






I
Mattine. In cui la colazione ha sapore di cartone.


II
Porto occhiali da sole perché, se ti incontrassi, resterei accecato.


III
Quante volte sono passato su questa  strada. Le ruote della mia macchina continuano a consumarsi su questo asfalto. Come fossero una gomma, che sfrega su di un foglio, per cancellare, giorno per giorno, i segni lasciati.


IV
Le cose che vanno e vengono nella vita, mi sembrano gli oggetti dispersi in mare, che le onde trascinano sulla riva. Ma sulla spiaggia, tra le tante cose, non c'è traccia delle tue mani.


V
Se mai vi sia capitato di essere amati,
così tanto da rimanere senza respiro,
non avrete scampo.
L'aria vi mancherà per sempre.

 

domenica 13 ottobre 2013

di legno

Nei viaggi di ritorno, c'è sempre il tempo per le fiabe. E per un sorriso.
Come un bambino di legno, passato tra le fauci di una balena, prigioniero dentro un buio morbido. Così sono io. Sequestrato dentro le emergenze quotidiane, che divorano ogni strategia. Che accorciano il respiro delle cose. Sbranando anche i pochi brandelli di tempo che ancora mi appartengono. E così, io cerco di salvarli, trattenendoli nella penombra di una piccola cera, posata sul cappello. Come un piccolo uomo di legno, che teme qualunque Fiamma.






(Un giorno, in cui sarò  sicuro che tu non ci sia, andrò a  vedere il tuo mare.  Passerò tra le case.  Posando con cura i miei piedi, sulle tue impronte, lievi e ormai quasi invisibili.)

martedì 8 ottobre 2013

ende


Quelle nuvole che ingoiano la pianura del Guilcer, viste da qua sopra, sembrano "il Nulla", che divora l'universo, nella storia di Michael Ende.
("la storia infinita")


"Se mi innamorassi, l'ultima notte al mondo, la passerei con te". Questo lo dice Tiziano Ferro. Io, facendo manovra per uscire dal posteggio, penso che, se mi innamorassi, mi piacerebbe persino scontrarmi  con lo spigolo di un'automobile.
("l'amore al tempo dei paracarri 2")


Quando viaggi nel buio della sera, puoi già vedere le stelle, guardando in alto davanti a te. E se ti volti di lato, per un istante, il posto del passeggero non è più vuoto. Magari ti sembrerà obliquo. Per  un istante. Per sempre.
("vuoti")


giovedì 3 ottobre 2013

prospettive
















A volte, anche una superstrada,
ha delle prospettive che ti rapiscono.




prspttv I

Faccio un buco sul vetro appannato, con il dorso della mano. Cerco di vedere più nitido, il mondo che mi aspetta. Frugo nel borsellino portamonete, che usava mia nonna. Cerco spiccioli di parole, da usare con attenzione. Li metterò nel cavo della tua mano. E penserò a quanto sia bizzarro il mondo, quando il mendicante offre un obolo al ricco sapiente.
 
 
prspttv II
 
Prendo un'altra strada. Salgo più in alto che posso. Così da riuscire a vedere più a lungo, il sole che tramonta. E magari illudermi, per un momento, che si fermi per sempre. Restando in bilico, su quello spigolo di montagna.

 
prspttv III
 
Scopri di volere bene a una persona, quando ti accorgi di amare ogni cosa od oggetto, che abbia a che fare con lei. Quando provi tenerezza per uno specchietto rotto, o t'incanti davanti a un cartello stradale.
("L'amore ai tempi dei paracarri").
 
 
prspttv IV (twitter)
 
Qualcosa di lei, mi ha lasciato. Non chiedermi cosa. Non c'è un inventario, per i sentimenti. Non è previsto il "fuori uso".

 
prspttv V

In giornate come questa, vorrei avere un corpo trasparente, perché i raggi caldi di questo sole, arrivino dritti al cuore.

 

sabato 28 settembre 2013

sostiene twitter


Uso Twitter.  Più per leggere, che per scrivere.  Seguo poche persone.  Una, tra le altre, è Emanuela, che talvolta è irresistibile, ma non soltanto nel senso giocoso del termine.  Ieri ha lanciato la frase che vedete  copiata e incollata, qua sotto.

RT @Vyrtuosa «La felicità è un nemico. Ti indebolisce, ti insinua dei dubbi. Improvvisamente hai qualcosa da perdere» (Lauda, nel film Rush)



Alle sette e venticinque del mattino, ho pensato, senza senso, a una risposta. Sempre su Twitter. La vedete copiata e incollata, qua sotto. Anche lei.

Qualcosa di lei, mi ha lasciato. Non chiedetemi cosa. Non c'è un inventario, per i sentimenti. Non è previsto il "fuori uso".


 
 

mercoledì 25 settembre 2013

giornata



Aurora. Alba. Giorno. Tramonto. Crepuscolo.
Disposti come un arco teso. Che mi ricorda il Re di Itaca.



Aurora. Alba

Il sole, più pesante del solito, cerca di salire sulla cima delle colline.
Poi arrivano loro, con quelle mani, così grandi e generose.
E in un momento, come ogni mattino, la luce rotola giù per la Valle dei Vulcani.
Fare sorgere il sole, è un gioco da ragazzi, per le mani degli amici.



Tramonto. Crepuscolo

Chissà cosa prova la luna,
nelle notti in cui passa così vicina al blu del mare,
tanto da potersi specchiare.
Così incantata, dal suo stesso riflesso.
Così tanto distratta, da non vedere tutti i piccoli occhi luccicanti, sotto di lei
















Non c'è traccia di nuvole, nel cielo di questa mattina.
Neppure una scia.
Svanite.
Come le linee che avevi segnato
e che ora non ritrovo più.
Come le tracce di te.




 
 
 
 
 
 
 
  
 
Rallenta un po'. Se riesci ad andare a novanta all'ora, il sole di settembre riesce a entrare, passando dai finestrini aperti. Rimbalzando sullo stemma della Fiat e sulle maniglie cromate. E fa luccicare le pagliuzze dorate, che volano via dal camion, che ondeggia proprio lì davanti.





venerdì 13 settembre 2013

primo grigio di settembre

07:30 A.M.

Dov'è il tuo  sorriso, stamattina?  Lo cerco frugando dentro lo zaino. Cerco di ricordare dov'era l'ultima volta.  Incastrato tra matite e angioletti.  Se i sorrisi avessero le mani, sarebbe tutto più facile. Ti manderebbero un sms per dirti "sono qui, non mi vedi?".


09:00 P.M.

È lì.  Davanti a me. Alla fine della salita. Un  po' più in alto delle nuvole. Solitaria. Netta. Pulita. Vivida. Senza nessun tremore.  Coraggiosa, esce senza aspettare che le altre compagne siano arrivate. Non aspetta il buio per mostrare tutta la sua tenerezza.  Lei è sempre stata così.
Lei è sempre stata la prima stella della sera


07:00 A.M.

Toccami. Non brucio. Prendimi la mano. Non ti farà male. Non sentirai dolore. Forse soltanto un po'. Nascosto là in fondo, da qualche parte. Ma così ben protetto da gioie e sorrisi.  Toccami. E smetterò di essere fantasma. Incorporeo.
Invisibile ai tuoi occhi.


07:30 A.M.
Con questo cielo di stamattina, se uscisse un arcobaleno, avrebbe sette colori, tutti uguali: Grigio, Grigio, Grigio, Grigio, Grigio, Grigio e Grigio. 

mercoledì 11 settembre 2013

prometeo

 
 
Era arrivato in cima. Esausto. Ormai quasi nudo, stracciato, ferito e sanguinante.  Aveva superato la prova.  Ora poteva chiedere e ottenere qualunque cosa, dal Demone della Montagna, che stava lì, immobile davanti a lui.
"Parlami di lei". E sedette ad ascoltare.
 
 
 
 
 
 

martedì 10 settembre 2013

07:00 P.M.












Cosa vi posso scrivere, stasera, che non sia già nel cielo?


07:00 A.M.

Come un viaggiatore che si trova a percorrere una steppa arida. Che usa l'acqua di scorta con parsimonia. Vi ricorre senza sprechi, ogni volta che la sete si fa sentire, placandola con un sorso di quella bottiglietta riempita prima di partire.     Così anche io, con la mia sete, certe mattine, uso ciò che resta delle mie scorte, che hanno forma di nuvole, suono di canzoni. E posso tracciare l'ombra di un sorriso, sulla meridiana che segna le ore del giorno.


09:00 P.M.

Che luna bellissima. Sulle nuvole. Come me.

sabato 7 settembre 2013

attese


 
 
Certe sale d'attesa, sembrano emozionanti.
Come certe stazioni ferroviarie, lo erano, un tempo,
per gli innamorati.

w.app (otto)


04:00 A.M.


Muto. Come quando cerchi di urlare nel sogno.
Sordo. Come il dolore che non senti
finché il sole non arriva al tramonto.
Sabbie immobili, che nessuna mappa riesce a indicare.



Come la mano untuosa e tesa, del minatore,
che cerca di salvare il suo compagno.
Così tu, avrai scampo, solo se la tua forza saprà
trattenere quelle dita, che scivolano via nel nero del carbone.



(Alle quattro del mattino, quando non riuscite a riprendere sonno, avete solo due scelte: guardare retequattro, o scrivere di queste cose.)

venerdì 23 agosto 2013

autobus settantacinque

Certe giornate, sembrano uscite da una storia di Gianni Rodari. Oggi i pensieri hanno preso l'autobus 75, per raggiungermi. Per venirmi a trovare. Me li immagino, i tuoi pensieri. Seduti comodamente sui sedili in fondo. Emozionati e vocianti, come ragazzini alla prima gita. Usciti  dal tuo cuore. Adesso guardano con meraviglia, oltre il vetro, quel Mondo di Fuori, che avevano spesso immaginato, a volte temuto.  Un mondo diverso da come era stato loro raccontato. Ridono, come si ride quando si è davvero stanchi. O quando si è sorpresi o spaventati. E' risaputo: i pensieri sono fatti come noi; solo più  leggeri.
Non mi era mai capitato. Non immaginavo neppure, che i pensieri viaggiassero in autobus. Li ho incontrati oggi. È stato un Caso. Non sarebbe accaduto, se non avessi spento la sveglia. Se non mi fossi addormentato. Se non avessi perso tempo a farmi  la barba. Se non avessi  dovuto ritirare i soldi dal bancomat. Se non mi fossi fermato al bar, per cercare i cornetti del Signor Sechi. Se non mi fossi trovato in quel preciso momento, in quel punto preciso, dove la strada tira dritta per un bel pò. Non avevo capito che fossero loro, su quell'autobus tirato a lucido, tutto blu e rosso. Poi ho visto la destinazione scritta sul davanti, in alto. Il mio indirizzo. E quelle mani che si agitavano per salutarmi. Un pezzo di quaderno a righe, poggiato sul finestrino. "stiamo arrivando da te!". 

giovedì 8 agosto 2013

raso-t

(L'ho postato su fb per emergenza. Eccolo nello splendore del blog, senza neppure una correzione; non fate i pignoli...).
 
<< Buongiorno! Scusate se vi interrompo. Ma questa è talmente bella, che non vedo l'ora di...condìrvela (esatto! non ho scritto condividerla; ho scritto condìrvela, proprio come si fa con l'insalata). Oggi ho incontrato una prof. Una prof. di educazione fisica. Quando si ha il tempo di parlarci, i professori sono quasi sempre uno spasso. Ti raccontano un sacco di cose (e persone) inverosimili, ma vere. Come la madre di una giovane studentessa, di un paese sulle sponde paludose del fiume Perso. Talvolta, i professori, accettano con pazienza, i furori giovanili dei dodicenni (maschi) e l'acidula civetteria delle dodicenni (femmine). Non siamo più nell'epoca del Pio Albergo Trivulzio, ma andare a scuola richiede un minimo di vestiario adeguato. I garbati suggerimenti e richiami, non portano sempre i risultati sperati. Come nel caso di una dodicenne, sempre presente a lezione, con short-super-vita-bassa-al-ginocchio. Così, la prof. convoca la madre della studentessa. Le manifesta le sue perplessità. Soprattutto sull'opportunità di mostrare in classe, la maggior parte della superficie di tessuto degli slip. La garbata risposta materna, è che non si può pretendere di tenere nascosto "un capo di abbigliamento che costa 25 Euro!". E neppure che "una giovane resti anonima e si senta rasoterra". E la prof., di rimando: "Non so se sua figlia, si senta rasoterra. Di certo viene a scuola con i pantaloni rasotopa!" >>

martedì 6 agosto 2013

w.app (sette)



07:00 A.M.

"Imparerò" - mi sono detto.
Invece sono qui, ad agitarmi scomposto.
Nel circolo vizioso. Nel cerchio perfetto dei miei pensieri inutili.
Che ritrovo, come vecchi amici, a farmi compagnia.
Anche loro, al punto di partenza.
Come in un pellegrinaggio senza Finisterre.


01:00 P.M.

"Se fossi nelle tue scarpe". "Mettiti nei miei panni". "Se fossi al mio posto".
Mi siedo sulla tua sedia. Vedo il mondo dal tuo punto di vista.
E mi sembra di essere nel posto giusto.

venerdì 2 agosto 2013

angelo azzurro

 
 
 
 
Conosco il significato della parola struggimento. Quello che provo, nel sentirmi come un artista, innamorato del proprio personaggio. Che ora, al termine dello spettacolo, sta davanti al baule vuoto. E lo riempie con i pezzi smontati. Così sono io. Depongo con delicatezza quelle ali di angelo, perché non se ne perda nessuna piuma.  Avvolgo in un foglio di carta di giornale, il cuore di legno tinto di rosso, con il tappo di sughero che nasconde il vecchio foro slabbrato.  Poggio la scatola dei trucchi scoloriti e smunti.  E se potessi, metterei anche i pezzi di me stesso.  Ad aspettare il prossimo spettacolo.   Il prossimo angelo.

giovedì 1 agosto 2013

Cisco & Lydia




Agiti placidamente le mani.  Mi serve un po' della tua pazienza.  Della tua caparbietà.  Della tua logica.  Poi, mi tornano in mente Cisco e Lydia. Lui già studente universitario. Non troppo brillante, non troppo alto, non troppo magro, non troppo bello.  Lei, liceale del quinto anno. Non troppo alta, non troppo magra. Adeguatamente bionda. Sufficientemente intelligente.  Discretamente bella. Modicamente ruvida, nel rispondere ai complimenti dei coetanei.
Le serate d'agosto, sembravano così fresche, dopo una giornata passata a quaranta gradi. E si poteva finalmente riattaccare i cervelli, smettendo di fare i messicani.  Loro due  non erano una coppia, né probabile, né improbabile.  Però erano entrambi garbatamente petulanti.  Era uno spasso intellettuale, sentire i loro duetti verbali.  Almeno fino a che, immancabilmente,  uno dei due  prendeva sù.  Girava i tacchi e mollava l'altro, compagnia compresa.  Come quel mese di agosto in cui lei, nonostante tutto, era stata rimandata a settembre (do you know "rimandata"?). Rimandata in latino. E nella solita chiacchierata notturna  su calcio (Piero), moto (Sandro), politica (Carlo), musica (Roberto), arrivarono Cisco e Lydia.   Lei aveva appena scoperto di avere un amico latinista,  su cui contare per avere ripetizioni gratuite, in vista dell'esame.  Lo racconto ancora, quell'ultimo duetto estivo. Lo racconto spesso. Perchè non ho mai dimenticato le espressioni così naif, di entrambi.
- Allora? Hai deciso? Mi farai le ripetizioni di latino?
- Certo! Ti ho già risposto diciotto volte.
- Bene! Iniziamo domani stesso?
- Si. Va bene.  Però....
- ... Però?
- Guarda, che vorrò avere una ricompensa simbolica.
- Che sarebbe?
- Un bacio.
- Ah! Beh... Chissà che mi pensavo.
- Allora, siamo d'accordo. Ripetizioni per te, bacio per me.
- Si. Va bene. Però....
- ... Però?
- Se poi l'esame non lo passo comunque?

- Te lo restituisco.

w.app (sei)


07:00 A.M.

Ciao, vite fortunate.
Decise da voi stesse.
E non da altri.
Fate che sia una Buona Giornata.


08:00 A.M.

Non ha la forma di un cagnolino che fa la pipi. Non ha la forma di una papera che nuota. E neppure di un drago volante. Né di un vecchio con la pipa. Non ha la forma di alcunché. Non ti somiglia neppure lontanamente.
Eppure ti devo credere. Devo credere alla tua voce, che mi dice di essere proprio quella nuvola informe. Devo credere a quella luce abbagliante del sole del mattino, che mi fa lacrimare.

 
03:00 P.M.
 
Quando ero piccolo, come tutti, dovevo stare attento a non sbagliare le unità di misura. Non usare i litri per il peso, o i metri per i liquidi, eccetera.......
Ora, misuro il tempo, usando i metri di una strada.    Misuro le distanze, usando i minuti.   Conto gli istanti.   Li metto in fila, come frecce di vernice sull'asfalto.  O li dispongo, come un recinto. Delimito le piazzole, che restano bloccate dentro l'inverno. Mentre attorno è estate. A volte mi ci fermo dentro. Per provare a prendere le misure.
 
 
 
 
 
 

giovedì 25 luglio 2013

w.app (cinque)


07:00 A.M.

Buongiorno. Il centotrentunauta vi saluta,
in nome della pace galattica


05:00 P.M.

Capita. Ti guardi attorno. La statale è deserta. La campagna è gialla.
Tiri giù tutti i finestrini. Giri la manopola dell'autoradio verso destra
e ti fermi solo quando vedi il telefonino saltellare, nell'alloggio della portiera.
Spinto in alto, dal basso e dalla batteria di Jovanotti.
E quelli sul furgone olandese che mi sorpassa, mi guardano
e sembra che dicano "...Yeah fratello! Bella canna!"


02:00 P.M.

Il mio amico, specialista di cuore,
dice sempre che il pericolo maggiore,
non è avere la pressione arteriosa alta.
Ma gli sbalzi continui. Gli alti e bassi.
Sarà così anche per l'umore? 


10:00 A.M.

Sorrido spesso, per l'arguzia, l'acutezza,  la sottile ironia, 
di chi,  unica nel suo genere,  riesce a leggermi in trasparenza.
Come da bambini, quando si rendevano leggibili,
i messaggi scritti con inchiostro invisibile.  Fatto col succo di limone. 
Che si rivelavano, al tenue calore di una candela, mettendo il foglio controluce.


06:00 A.M.

Quasimodo dei sentimenti. Mutato in modo irreversibile.
Impossibile tornare. Né riassumere la forma di ciò che era.
Ma ancora indefinito, incapace di difesa,
come i serpenti nell'istante della muta




giovedì 18 luglio 2013

w.app (quattro)

07:00 PM

Oggi la luna sembra una mezza moneta.
Lasciata in  pegno, a una metà che è dovuta partire.
Magari volando. Senza sapere dove potrà atterrare.



06:00 AM

Sono in fuga.
Nascosto. Accucciato.
Senza paura, agli occhi di molti.
Senza coscienza del pericolo, come i bambini, 
agli occhi profondi, dei pochi che sanno scrutarmi in silenzio.


07:00 AM

Raccontami qualcosa.
Tu che sei l'unità di misura, che ho scoperto,
per costruire il mondo nuovo.


14:00 PM

Farti ridere.


08:00 AM

Un tempo, ogni difficoltà mi sarebbe apparsa insormontabile.
Le salite ripide. I passaggi invalicabili. Le prospettive chiuse.
Le strade impraticabili. I sentieri scoscesi. 
Nel mio vecchio mondo, sarei seduto, ormai stremato,
stretto alle caviglie, dalle corde ruvide dello sconforto.
Nel tuo mondo, l'incantesimo di un sorriso, scioglie ogni nodo.
Nessun orizzonte appare lontano.


08:00 PM

A volte è così. È come certe notti. Che passano in un istante. 
Ti domandi, come mai  la sveglia stia già suonando.
Il nuovo giorno,  sembra non essersi staccato dalla sera prima.
Ogni cosa continua, come non fosse mai interrotta. 
E tutto ciò che accade, sta esattamente in un battito di ciglia.

venerdì 12 luglio 2013

ore tredici

Oggi, è andata a finire che sono rimasto da solo al lavoro.  Anzi.  Siamo rimasti soli.   Io e il mio computer, siamo rimasti soli.  Non ci scrive nessuno.  La mail resta silenziosa.  Lo so, lui vorrebbe raccontarmi di quando era giovane, di quando era appena arrivato all'Inail.  E di quando lo avevo raccolto, anzi ereditato, come un piccolo cagnolino, dal dottor Uddis.  Che pure lo trattava bene, ma lo teneva lì, a scrivere pratiche.   Qualche volta, al massimo, a giocarci assieme, con il solitario di Windows.  Poi ero arrivato io.  Lo avevo spolverato. Ripulito fuori e anche dentro. Ci avevo messo tutti i programmi grandi e piccini, che rendono allegro e frizzante qualunque pc. Così, si ricorda le prime volte che si svegliava, richiamato dal suono delle mail. Dal ticchettio veloce dei tasti neri. Il nero è un colore che gli è piaciuto da subito. D'altronde anche il suo chassis è nero. E poi la meraviglia di quella posta che, sempre più spesso, interrompeva quella noiosa cartella clinica. Quella boriosa cartella, con i suoi continui blocchi, come i capricci di una bambina viziata. Le chiacchiere. Le frasi brevi. Gli scambi rapidi o le lunghe storie. I ragionamenti accurati. Le confidenze così belle da raccontare. Così incantevoli  da tenere segrete nel disco rigido, garantito a vita.  E se si fosse guastato, o rotto, nonostante la garanzia?  Lui, robusto pc Olidata, non osava neppure pensarci. Avrebbe preferito essere riformattato, ma almeno avere un backup, da cui leggere un giorno, ancora le sue memorie. Le memorie di un personal.

martedì 9 luglio 2013

w.app (6 a.m.)

 











Se dovessi scegliere, io vorrei incontrarti all'alba.
Quando la luce angolata del sole, non allunga le ombre,
ma le arrotola, come piccoli tappeti da preghiera, e le porta via.
Per distenderle nuovamente, sotto le tue ginocchia, fino a farle dissolvere.
Vorrei incontrarti all'alba. Perché il tramonto allunga le ombre,
fino a raggiungermi.  Senza scampo

lunedì 8 luglio 2013

casette



Viaggio spesso. Viaggio così tanto.
Che alla fine, quella gabbia di ferro e plastica,
somiglia sempre di meno a un'auto.
E sempre di più, alle case sull'albero, dei bambini americani,
nei film colorati, visti in bianco e nero

sabato 6 luglio 2013

aereoplanini

Amori. Parcheggiati, come piccoli vecchi aerei.
Lontani dalle piste.
Magari hanno i serbatoi ancora pieni di emozioni.
Ma nessuno prova a farli volare ancora.

venerdì 5 luglio 2013

sindrome

Non sopporto quel suono.
È come sentire lo strappo di una tela. Robusta fino a un momento prima. Poi la vedi davanti ai tuoi occhi. Lacerata.  Inerme.  E se anche ti rifiuti di guardare. Se anche distogli lo sguardo.  Quel suono lo senti, mentre qualcosa che appartiene alla tua vita, viene stracciato via.  Accade ogni volta che qualcuno mi lascia. E anche se mi consola l'idea che comunque, mi possa restare vicino, anche se in un modo diverso, io mi preparo a ricucire quel pezzo strappato. Cercando ago e filo in qualche cassetto di una vecchia credenza.
È strano come il destino, possa avere nomi così complicati: sindrome mielodisplasica.

(A chi, quando avevo sedici anni,  mi ha fatto conoscere la birra con il sidro)


P.S.
(I meloni retati di conad, quando li apri, sono come i casi della vita. Certe volte hanno un sapore da frutto esotico. Altre volte, sanno di cetriolo)

venerdì 28 giugno 2013

w. app (tre)

Sapete com'è. Scrivere pezzi lunghi, sulla tastiera di uno smartphone,  mentre si guida, oltre che contravvenire al codice della strada, è piuttosto difficoltoso. Però mi sembrava un vero peccato, perdere questi frammenti.



S.P. 52

Quella strada dimenticata.
Come una vecchia signora.
Antica diva del cinema in bianco e nero.
Muretti piegati in pose impossibili.
Curve da rally e buche inusuali.
Come le rughe. Quando sorridi.
E gli alberi ritrovati, che proteggono l'asfalto deformato,
che non riconosceva piu così tante auto.
Se non quelle dei ragazzini del paese vicino.
Che si davano appuntamento sulla Provinciale Cinquantadue.



S.S. 131

Sono così tanti.
I papaveri ammassati sul ciglio della statale,
che a volte mi aspetto che attraversino la strada all'improvviso.



S.P. 129

Un cielo confuso e pasticcione.
Nuvole informi e senza colore.
E quelle macchie improvvise, che sembrano lacrime,
ma che raccontano a tutti, di voler essere pioggia.



LYNC.

Così inutile, quel verde.
Così ironica, quella parola scritta a fianco al nome.
Così distante, quell'elenco di nomi.
Così lontano il brusio del cuore.
Sommerso dal rumore del lavoro quotidiano.
Scacciato dal battito degli orologi che corrono.
Così indifferente quella parola.
Disponibile.


I

Ho imparato da te,  a ridere quando sono stanco.
Ma soprattutto,  quando sono in difficoltà.


II

Vorrei che tu non fossi più nelle mie priorità.
Nessuno è più nelle mie priorità.
Niente è nelle mie priorità


III

L'averti deluso è il mio più grande fallimento.
La prova provata della mia incapacità.
Della mia incompiutezza.




lunedì 24 giugno 2013

traversine

A Oppama, la ferrovia non è mai arrivata. Quando gli ingegneri inglesi, progettavano le ferrovie in Sardegna, avevano un'idea molto semplice. I binari dovevano servire a collegare le miniere con i punti di carico. Poi dovevano servire a collegare i paesini che producevano qualcosa di utile e necessario alle città (latte, formaggio, carapigna). E soprattutto, il percorso veniva studiato, in modo che fosse possibile reperire il materiale necessario alla costruzione, direttamente lungo il percorso stesso. Il che, detto in soldoni, significa che i binari passavano nelle zone in cui si potevano segare gli alberi, in quantità sufficiente a fornire adeguato numero di traversine. Cosi, il percorso infilava o costeggiava boschi e foreste. Portava il progresso e la comunicazione, dovunque vi fossero alberi, in numero sufficiente da abbattere. Ma il paese di Oppama, già da allora, non aveva alberi da abbattere, per farci le traversine dei binari. E il treno inglese, a scartamento ridotto, si guardò bene dal passarci vicino.  Lord Benjamin, preferì disegnare la doppia linea di ferro e legname, più vicina al monte Palay. Per poterlo comodamente disboscare. Così il treno passò dal Marghine al Goceano, ma evitò accuratamente, il paese senza alberi. Persino la guerra, ci passò lontana, quasi con garbo. Lasciando soltanto i ricordi scanzonati di quei giovani soldati tedeschi. Lasciando solo l'eco delle risate degli indigeni, per quei giovani e inesperti soldati. Che urlavano, dopo avere mangiato avidamente, i famosi fichi d'india della pianura, che, diversamente da quelli siciliani, avevano millioni di spine sulla buccia. A qualcuno, doveva essere sembrata una buona idea, quella di traccciare una pista di atterraggio per aerei della Luftwaffe, in quella piana. Messa lì, al centro dell'isola, come che fosse una specie di "Area 51" del deserto del Nevada. E davvero non riesco a immaginare quale sgangherato generale, abbia potuto pensare di piantare proprio là,  un campo d'aviazione, anche solo da usare come officina, magari per riparare in santa pace, i velivoli guasti. Della guerra, gli abitanti delle rive del fiume Perso, prendevano solo degli innocui souvenir. Prevalentemente alimentari. Talvolta sotto forma di casse di legno pitturato. Buone per tenerci pane, cipolle, aglio o ferramenta. Erano talmente richieste in paese, che ci fu un periodo in cui i ragazzini organizzavano delle vere e proprie missioni, alla ricerca di casse da sottrarre. Come la volta in cui decisero di portarne via una, molto ben verniciata e tenuta sotto una tenda. Ce la misero tutta, per portarla fino alla stalla di Nicola. Nonostante fosse piuttosto pesante, e nonostante, il soldato di guardia, si agitasse, fingendo disperazione e gridando parole incomprensibili. Forse dicendo loro che fosse troppo GRANDE da rubare. O forse dicendo che contenva GRANO. O che dentro ci fossero GRONDAIE. Perchè, nella pianura senza alberi, mica se lo filava nessuno, un soldato tedesco che urlava. "GRANATEN!...GRANATEN!".

sabato 15 giugno 2013

tre volte l'anno

Oggi, come capita tre volte l'anno, ho deciso di farvi leggere qualcosa che mi piace molto e che trovo adatto alla giornata. Qualcosa che scriverei tale e quale. E' Roberto Cotroneo che cita Calvino, per il figlio. Il massimo, insomma.   Leggetelo, come sempre, con un sorriso.
" »Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno di un granchio. Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d’una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era cominciato. Ho bisogno di altri cinque anni, disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto».
Quel gesto vale dieci anni. Il tempo. Ti continuano a richiamare sul tempo. Sul tempo che ci metti a fare un esercizio, a rispondere a una domanda, ti continuano a chiedere conto del tuo tempo, del tempo che non si può mai perdere. Viviamo in un mondo dominato dagli orologi. Non si portano più soltanto al polso, non appaiono severi solamente sulle pensiline delle stazioni ferroviare. Ora sono sugli schermi dei computer, sono sui telefonini, si vedono, a cristalli luminosi anche di notte, in cima alle torri, ai palazzi, nelle piazze italiane. La gente continua a chiedersi che ora sia, anche quando non ha un appuntamento, anche quando non deve salire su un aereo. Tutto deve essere fatto e prodotto in poco tempo, si inventano macchine che servono a fare delle cose più velocemente di una volta. Perché la velocità, la rapidità è ricchezza. Ma anche svuotamento. Il tempo che risparmi è un tempo bruciato, cancellato dall’ansia della rapidità. Chuang-Tzu avrebbe potuto disegnare tre granchi per il re. Ma nessuno dei tre sarebbe stato perfetto, nessuno dei tre avrebbe reso felice il sovrano. La natura ha i suoi tempi. Anche la fantasia ha i suoi tempi, la creatività. Che non sono i tempi del potere e del denaro. Per questo la fantasia al potere è una contraddizione paradossale. Ma non  rassegnarti, Francesco. Non rassegnarti a vivere di modelli altrui, con i tempi degli altri, con le emozioni degli altri."

(Roberto Cotroneo. Se una mattina d'estate un bambino. Lettera a mio figlio sull'amore per i libri)

venerdì 14 giugno 2013

w.app (due)

Opere d'arte, che ti rapiscono il cuore con lo sguardo.
Di cui nulla può essere descritto, che non sia l'emozione. Punto


La mia strada. Le mie nuvole. I miei pensieri.
Teneri come ricordi che riaffiorano.
Come schiuma bianca delle onde del mare.
Che sparisce al tocco delle dita.


Scrivo.
Perchè vorrei essere capace
di lasciare le mie emozioni a mio figlio.
Lui avrà le sue.
E non so se avrà spazio e tempo, un giorno,
per sentirle e capirle.

tesoro











Non conta
ciò che non si può più fare.
Ciò di cui non è più tempo.
Ma guardare finalmente quel sentimento,
quasi dimenticato, come raffermo.
Così a lungo custodito,
sotto i teli bianchi e spessi,
piegati a proteggere il pane da cuocere.
Inutilmente costretto al buio.
Guardarlo soltanto,
tenendolo tra le due mani,
che si fanno nicchia di inestimabile tesoro.

sabato 8 giugno 2013

righe

Ricordo ancora, con un piccolo disagio, un professore di medicina legale, durante uno dei tanti corsi e seminari romani. Cercava di farci capire la volontà di morire, di una persona. Partendo dalla ricerca di elementi, che permettessero di distinguere un omicidio da un suicidio.  Ma la discussione prese i connotati di un confronto quasi teologico e filosofico, sulla volontà di morire. Sono certo che Michela Murgia, ci  avrebbe sguazzato. C'era una difficoltà quasi insormontabile, nell'entrare nei pensieri di una persona che avesse deciso di rinunciare, in modo così assoluto e definitivo. Il Professore decise allora, di portarmi a vedere un piccolo pezzo della Citta Eterna. Per un caffè. Fino a un ponte. Mi fece sporgere oltre il bordo del muro di pietra, alto non più di un metro. Sulla parete intonacata, ormai logorata dal tempo, decine di righe verticali. Più o meno sottili. Più o meno irregolari. Più o meno lunghe di qualche centimetro. Quel ponte, oggi famoso per i lucchetti, in  quel periodo, era molto gettonato per un altro uso. Un pò come lo erano i Bastioni di Cagliari. E quelle  righe sull'intonaco?.  "Sono l'immagine sacra, dell'insicurezza umana. Un attimo dopo l'ultima, definitiva, assoluta decisione sul proprio destino. Ci si aggrappa con le unghie, al muro che scorre verso l'alto". Come i titoli di coda di un film.
Ripenso sempre a quel ponte, nelle giornate come oggi, in cui mi sento agguantare dalla mia insicurezza. Forse per ritrovarmi in buona compagnia. Assolutamente. Definitivamente.  Irrimediabilmente. Forse.



"Porque tu me acostumbraste"

lunedì 3 giugno 2013

w.app (uno)















Chissà, se un giorno,
avremo modo di fare vedere a qualcuno
che non è con noi, nello stesso posto,
quello che vedono i nostri occhi.
E chissà se un giorno,
ancora piu lontano, 
avremo modo di far sentire
le nostre emozioni, a qualcuno
che non è con noi in quel momento.

lunedì 27 maggio 2013

di cristallo





 
Ho pensato che avrei scritto qualche riga, stasera. L'ho pensato mentre guardavo un regalo. Un disegno. A cui non manca niente. Un cespuglio di capelli scuri. Un fiocco rosso. Occhi, naso, bocca. Sono perfetti per un musetto gioioso. Poi vedi le braccia larghe. Pronte per un abbraccio.  Sicure che arriverà. I piedi uniti, con le scarpe a punta tonda, da cui sbucano le calzine corte con il pizzo. Sembra una piccola Mafalda. E forse lo è.  Ma preferisco pensare che sia una piccola May. Che non ha ancora smesso di abbracciare il mondo, con le sue braccia aperte.
Quel minuscolo disegno, tracciato su un post-it, mi ha fatto ricordare che esiste una malattia genetica rarissima. Viene chiamata "malattia delle ossa di cristallo". Ogni volta che ne sento parlare, immagino che le persone che ne soffrono, abbiano paura di una stretta di mano.  Persino di essere abbracciate. Paura di un abbraccio che puo' fare male, quando è troppo forte.
A volte, per avere paura di un abbraccio,  non c'è neppure bisogno di avere una malattia genetica rarissima.  Capita certamente.  Si può avere paura di un abbraccio.  Si può essere fragili, anche senza avere le ossa di cristallo.  E quando ce ne accorgiamo, restiamo fermi.  Sospesi come un abbraccio che non arriva.  Con le braccia larghe. Come un minuscolo disegno fatto su un post-it.

martedì 21 maggio 2013

il giorno del cantuccio

 
Undici chilometri di strada. Che punta dritta fino in fondo. Davanti c'è Monte Rasu. Nelle giornate di maestrale, si vede luccicare l'antenna del radar che su un qualunque computer, riesce a farvi vedere la pioggia, dovunque cada sull'isola.  Quelli che noi chiamiamo monti, in realtà, non sono altro che colline. In certi giorni, come oggi, anche le nuvole restano basse e si poggiano sulla parte alta. Come se volessero nascondere la sommità. Per farci credere e immaginare  che dietro quella coltre bianca, ci siano delle cime di montagne altissime.  Credo che,  se quelle nubi restassero un tempo sufficiente lassù, a mezzo pendio, anche le colline  stesse, potrebbero sognarlo.

lunedì 6 maggio 2013

nazca



Come le linee di Nazca.
Come le piante delle grandi città.
Ci sono oggetti e cose, talmente grandi,
che ci sfugge la loro forma.
Che riusciamo a distinguere e capire,
solo quando ce ne allontaniamo. 
Anche solo per un momento.