mercoledì 18 luglio 2012

l'altro mondo (uno)

Un'altra volta ho citato il film di Giuseppe Tornatore "Nuovo cinema paradiso". Ma stavolta non raccontero' di ricordi cinematografici. Vi diro' soltanto che, se Giancaldo ha avuto il Cinema Paradiso, il paese di San Nicolo' ebbe "L'Altro Mondo". Tutto inizia con l'arrivo di due forestieri. Il signor Roberto e la signora Anna erano arrivati in un giorno imprecisato, di un anno imprecisato. E probabilmente per un motivo imprecisato. Se fosse stato uno che passava le giornate a leggere o a scrivere, si sarebbe pensato di lui come di un confinato. Uno sottoposto a restrizioni, per motivi politici o roba simile. Magari un anarchico. Oppure uno di quelli condannati, come diceva mia nonna, al domicilio coatto. Che lei pronunciava tutto attaccato come fosse un'unica parola. Ma signor Roberto non dava nessun segno. Nè la sua parlata toscana, forse aretina, serviva granchè, per investigare sul reale motivo, che poteva portare un essere umano da quelle parti; nel centro del centro dell'isola.  Era sicuramente arrivato già prima che io nascessi, questo è certo, ma se chiedete a chiunque c'era in paese, nessuna versione o data, sembra concordare. Comunque, lui stava lì. Qualche volta al bar, ma molto più spesso, lo si vedeva davanti alla casa in cui abitavano. Seduto su una delle prime sedie a sdraio, arrivate in paese. Comodamente poggiato. Con la sua canottiera, sempre bianchissima.
Che non fosse un miliardario, in fuga dalla notorietà, lo si capi' quando iniziò a fare qualche lavoretto. Possedeva infatti una notevole serie di attrezzi per lavorare il ferro, compresa la seconda saldatrice elettrica del paese (la prima, e fino a quel momento unica, la possedeva e gestiva, come un signorotto feudale, il signor Giovanni). Era bravo, il signor Roberto.  Riusciva a costruire e riparare tutto quello che gli si chiedeva. Lavorava di martello, lima e seghetto, con grande maestria e padronanza. Questo era un forte indizio, per gli investigatori indigeni. Specie per chi aveva già notato che lo straniero, mancava di un paio di falangi delle dita di una mano. Non aveva in realtà un forte spirito imprenditoriale. Accettava e iniziava un nuovo lavoro, quando necessitava di contanti. Spesso il ricavato ottenuto al termine, spariva rapidamente. Per questo, l'intervallo tra un lavoro e l'altro, era proporzionato a quanto aveva guadagnato in precedenza. Come tutti i toscani, era però, lungimirante. Così, non passò molto tempo, che decise di intraprendere anche un'altra attività. In una parte della casa, comparvero delle galline. Decine di galline. Centinaia di galline. Con i suoi attrezzi, costruì anche un grande pollaio, in ferro e vetro. E tutti potevano finalmente avere la carne di pollo, senza aspettare la morìa di quelli domestici. Ricordo ancora l'anziana vicina, rientrare trionfante verso casa, tenendo per il collo la gallina appena acquistata, mostrandola alla comare, che manifestava la sua entusiastica approvazione. Per non parlare dell'encomiabile capacità di porre fine alle sofferenze dell'animale, in modo rapido e indolore. Oppure del tempo passato a sentire le chiacchiere di paese, mentre si procedeva a spiumare il futuro pranzo (e cena) del giorno. L'idea del signor Roberto e il lavoro della signora Anna, insomma, funzionavano. E il pollaio fu ingrandito, per ospitare un maggior numero di pulcini. In paese sarebbe arrivata una colonia di galline, come non se n'erano mai viste. Ma nessuno immaginava che, di lì a poco, un'altra colonia sarebbe arrivata. E anche per loro, si sarebbero dovuti preparare nuovi pollai.

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