mercoledì 6 giugno 2012

corti racconti

Mia cugina dice che scrivo cose troppo corte. Forse ha ragione. Ultimamente dormo poco.  I racconti, a volte, sono come i cervi di Scivu.  Se vuoi vedere i cervi e i cerbiatti, che scendono verso il mare, per mangiare il sale, occorre sedersi e aspettare. Aspettare che ci sia il silenzio e che il silenzio sia abbastanza lungo. Occorre aspettare che arrivi il crepuscolo, e subito dopo, tenere lo sguardo fisso sui lentischi, sui ginepri, sui minuscoli sentieri, invisibili, tracciati dai cervi, giorno per giorno.  Solo allora,  se ci credi veramente, sentirai qualcosa che somiglia allo stormire delle fronde. Non devi stare immobile. Devi seguirli, guardarli negli occhi, come loro guardano te.  A volte i loro occhi luccicano. Per i romantici del medio campidano, riflettono la luce della luna piena.  Per i turisti milanesi, riflettono le luci del vecchio villaggio Valtur, di Portu Maga, quando passano a fianco dei campi di calcetto, per raggiungere lo stabilimento in concessione (2000 euro l'anno). Ma io volevo solo rispondere a mia cugina. Se volete provare l'emozione, che io non so raccontarvi, prendete la strada per Arbus, e poi cercate la strada per Portu Maga. Andateci quando volete. In una qualunque sera dell'anno. Andateci con chi volete:  romantici appassionati di reincarnazioni,  o veterinari dell'asl, esperti conoscitori di fauna sarda. Ognuno potrà vederci quello che custodisce nella propria anima. Il mio amico Bobore, l'ultima volta che c'è stato, ha tenuto un simposio sulla rappresentazione naturale, della fierezza del popolo sardo, incarnata, a suo dire,  dal cervo mastodontico piazzato davanti a lui. I racconti, invece, hanno bisogno di ritmi calmi, serate lunghe, pause senza tempo. Hanno bisogno di profondi respiri, che svuotano la testa, e di emozioni che la riempiono. Poi bisogna aspettare che arrivino i ricordi. E quando i ricordi, finalmente, arrivano, li devi guardare negli occhi, vedendoci ciò che riflettono. Allora puoi iniziare a raccontare quei ricordi. Sono i tuoi e di nessun altro, perchè, come dice la mia amica Neurologa, "ognuno di noi, fa la plastica facciale alla realtà della vità, adattandola a sè e ai propri desideri".  Cara cugina, come avrai capito, ultimamente non scrivo racconti lunghi, perchè mi perdo facilmente, come nei piccoli sentieri tracciati dai cervi, sulle colline che vanno a Scivu. 

Nessun commento:

Posta un commento