mercoledì 7 marzo 2012

occhi scuri

La mia amica dell'Ikea, mi ha inviato una foto.  Senza commenti.   In un bianco e nero, che ricorda i fantasmi (e infatti ha solo scritto un titolo: "presenze").   E' la foto di un viale alberato, all'ingresso di un ospedale.   E mi ha ricordato un'altra foto, che ogni tanto guardo, con una tenerezza che mi stringe il cuore.   Non ricordo piu' il racconto che faceva mia madre. Perchè mia nonna, invece, non me lo ha mai voluto raccontare.  Sicuramente, non lo ha mai voluto fare, per lo stesso motivo per cui aveva bruciato i quaderni neri, pieni di appunti e poesie,  legati tra loro con lo spago fino, come fossero rilegati per resistere al tempo. Come dovrebbero resistere i matrimoni.    Non so neppure se, davvero, lui sia stato in quell'ospedale.   Ricordo solo quell'unica sua foto.  Quella di un uomo, seduto su una sedia impagliata, con gli schienali in legno. Come quelle sedie che, un tempo, si portavano da casa, per andare in piazza Santa Maria, e poter ascoltare comodi, i poeti improvvisatori, sul palco della festa di mezzagosto.  Lui è lì, seduto in un cortile d'ospedale.  Con in testa un cappello a bustina, di quelli che mettevano i soldati, quando non andavano in guerra.  Una giubba non troppo pesante.  Pantaloni non troppo leggeri.  Troppo stropicciati, per uno abituato a essere sempre vestito con cura.  E gli scarponi slacciati.  Forse troppo scomodi, per un calzolaio, abituato a cucirli da sè.  E poi le sue mani, poggiate una sull'altra, a cercare riposo sopra le gambe. E infine, il capo, ostinatamente diritto, sulle spalle ormai curve, per evitare il riflesso del sole negli occhi scuri.  O forse per non incrociare, nell'obbiettivo della macchina fotografica, lo sguardo delle persone amate, a cui scrivere, sul retro della carta ferrania, quelle poche, stanche, parole di saluto. Qui mi cureranno bene.
Non so se, davvero, la tua nonna, abbia mai incrociato, nell'ospedale, quell'uomo seduto nel cortile.  Ho immaginato che potesse essere vero.  Ho cercato di vederlo negli occhi scuri, dentro una foto di donna bellissima.  Ho creduto di sentirli, mentre si raccontavano delle loro sofferenze, delle cure, delle ansie. Come nei libri di Milena Agus.  Cercando una mano da stringere, nei momenti di paura.  E allora, ho ripensato alla foto della mia amica dell'Ikea. E ho pensato che quei passi vuoti, nella neve di un viale alberato, fossero di qualcuno che non ho mai conosciuto. Di cui non ricordo la storia.

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