Qualcuno, a baunei, conserva ancora le foto con il famoso peppino meloni e il suo "fantino", perriccu dettori.
Meloni, però, nei 1909, non allevava cavalli, ma struzzi (ho resistito alla tentazione di scrivere "tacchini", perchè ho sempre un lapsus).Però quella era davvero un'altra storia.
Quella che invece ho conosciuto, in un settembre di dieci anni fà, è una storia del tutto diversa (cfr brizzi-uno).
Il conte brizzi, è milanese. Famiglia di banchieri. Ricchi, facoltosi, potenti, ...e milanesi. Una famiglia bene e soprattutto, in vista, nei primi anni venti.
Il giovane brizzi e la gentile consorte, hanno però uno stile di vita, che alla famiglia, non appare del tutto morigerato. Il risultato è che, alla fine, il conte viene diseredato. O meglio, esiliato. Esiliato nel posto più isolato....del posto più isolato...dell'isola più isolata: sardegna-baunei-santa maria navarrese.
Quello che accade al giovane brizzi, da quel momento in poi, è una storia fatta di frammenti e ricordi. Come piccole foto scolorite dal tempo. Si rivede il conte che arriva alla messa della domenica, nella chiesa di santa maria navarrese. Seguito dalla servitù che si preoccupa di levare i coprighette, evitando che le scarpe si sporchino di fango, per poi rimetterli premurosamente all'uscita della funzione religiosa. Oppure si immagina cosa possono avere pensato i nostri vecchi sardi, nel vedere quel continentale, salire su un calesse, trainato da struzzi, per andare fino a cagliari, dalla barberia di fiducia. Rivedo la baldanza della compagnia di caccia, nell'essere ritratti assieme al Signor Beretta, con i suoi magnifici fucili.
Era davvero un esilio dorato. Era davvero un esilio. Definitivo. Senza revoca.
Il conte brizzi muore in quel borgo, che lo aveva accolto. Senza ostilità. Senza calore. Ma non rinuncia al suo stile. Nè da vivo, nè da morto. I vecchi, ancora oggi, giurano che davvero, sulla lapide, ci fosse scritto: "vissi riposando, per non morire stanco".
Solo molti anni dopo, sarà riportato nel territorio natio. Della tomba e della lapide, non resta che il racconto di qualche cacciatore di baunei. Di quella che fu la casa padronale e le strutture dell'azienda, pochi ruderi, irriconoscibili, da demolire, per farci sopra un residence. Restano alcune piante esotiche e delle palme altissime. Mi piace pensare che nelle poche giornate in cui, a santa maria gira un pò di vento, si possa sentire lo stesso suono che ascoltava il conte brizzi (la stessa sensazione che avete, se andate a cercare villa idina, sopra la collina, a ingurtosu).
Dopo tanti anni, inizio a non ricordare bene il finale. Mi piace ricordare, o almeno immaginare, che a riportare il conte in lombardia, sia tornata la moglie, che subito dopo la morte del consorte, aveva abbandonato la terra di navarra, assieme a tutti i ricordi.
E mi piace immaginare, che lo abbia fatto per amore. Forse.
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