Ci sono cose che i bambini cittadini, della mia età, non hanno mai conosciuto. Una di queste, di sicuro, è il salone parrocchiale; quello vero, intendo. Da noi portava il nome del santo, a cui era intitolata la chiesa; anche perchè era stato ricavato proprio dalla chiesa, murando una navata laterale. E il risultato, forse inaspettato persino per chi l'aveva progettato, non era stato malvagio: un lungo salone rettangolare, regolare, con schermo ampio e un sacco di sedie per gli spettatori.
Non vi preoccupate. Non mi sfiora neppure, l'idea di fare riferimento ad altri cinema parrocchiali illustri, del cinema italo-siculo. Però, non c'è film, visto con il proiettore sedici millimetri di "don giovanni-battista", di cui io non ricordi qualche scena: ercole, maciste, il cow-boy senza nome (nel senso che.... mica mi ricordo i nomi di di tutti quei rapinatori e banditi contro sceriffi!). Ricordo persino le pause, interminabili, per allora. Quella tra il primo e il secondo tempo e, soprattutto, quelle dovute a incidenti tecnici, come la rottura della pellicola o l'interruzione dell'energia elettrica. Ricordo ancora l'emozione per l'arrivo del secondo proiettore, con la lente per le proiezioni in cinemascope.
E ora che ci penso, ricordo perfettamente il rumore del proiettore, che copriva l'audio del film, quando ti sedevi in ultima fila, proprio sotto la postazione. Che non era una cabina, ma semplicemente un soppalco sopra l'ingresso. E l'accesso era tramite una scala a pioli, che una volta ritirata, impediva l'accesso ai non addetti, senza bisogno di cartelli di divieto.
Mi fermo qui, anche perchè, tutto questo mi è venuto in mente, guardando 5 minuti dello zecchino d'oro. Perchè il ricordo piu' vivido che ho del salone parrocchiale, non è legato a un film, ma alla mia partecipazione, come "giurato", a una fantasmagorica edizione paesana, di un concorso canoro per bambini, con tanto di "mago zurlì" in carne e ossa, impersonato da un giovane maestro indigeno, con perfetta riproduzione del costume in calzamaglia. E soprattutto, ricordo perfettamente, la cocente delusione infantile, per la contestazione sulla mia capacità di giudizio, circa la qualità delle canzoni in gara. Insomma, maria de filippi e sanremo, non hanno inventato niente.
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